martedì 28 novembre 2006

Il processo evolutivo a livello psicofisico, morale, intellettuale del sottoscritto dopo essere caduto nelle mani del Pocciola

Sovente, capita che durante i discorsi nostalgici sulla formazione scolastica bianca rossa e verde, mi si lasci fuori con la convinzione che io le scuole le abbia fatte all’ESTERO.
“SI, minchione in Liechtenstein! Perchè quell’anno all’Edmondo De Amicis te lo facesti tu! Vero?”
Alla sola menzione dell’EDA, scende un gelido silenzio. Si, perché la Scuola Media Statale Edmondo De Amicis …non rappresentava con esattezza la quintessenza dei sentimenti che noi tutti riconosciamo come De Amicis-iani. La sezione M, in particolare, non era … tratta dal libro Cuore.

L’anno si aprì in bellezza. Luigi sgattaiolò verso i cartelloni appesi al muro, mentre le mamme si affrettavano a trovarci i posti nelle sovraffollate classi (che fossero lontani dalle finestre a causa della processionaria), poi corse verso di me e con sguardo terrorizzato mi disse: “ No! Abbiamo tutti e due i fratelli Barletta in classe con noi”
“tutti e due?” risposi sbalordito
“si”
Era un'ingiustizia. L’amministrazione avrebbe dovuto impedire che cose del genere accadessero a bambini come noi, che il pomeriggio guardavano gli snorkys. Cioè uno va bene, lo smilzo preferibilmente, dopotutto ha anche lui il diritto all’istruzione, ma tutti e due insieme è semplicemente crudele. Che li facessero roteare fra tutte le sezioni, un pò a turno, dopotutto pure gli altri avevano il dovere di provare l'ebbrezza dell'essere malmenati, perché solo noi.
Devo ammettere ci preoccupammo un po’ per niente, perché fortunatamente per noi, il padre dei Barletta aveva promesso ai figli che al compimento del sedicesimo anno sarebbero stati uomini liberi. Infatti, il compleanno del Barletta grande fu contraddistinto da un sospiro di sollievo collettivo. L’altro fratello, invece, fu colpito da leptospirosi o qualcos’altro e pure lui non tornò mai più. Anche se devo ammettere che di quest’ultimo sentì un po’ la mancanza dato che eravamo diventati quasi amici (sempre considerando i limiti delle circostanze) da quando Luigi si era prestato a disegnargli un puffo sul bicipite a mò di tatuaggio. Quel giorno ci aveva pure invitato giù alla discarica per sparare piombini sui ratti. Ma io e Luigi cordialmente declinammo l’invito.
Dopo l’abbandono dei Barletta, avevo anche appreso che noi della 1° M non stavamo mica messi così male. Claudio, un mio vicino di casa, era disperato perchè aveva in classe uno degli Sgroi, che si faceva le "zaganelle" in classe rilasciando “dediche” fra le pagine dei libri dei compagni (e se la memoria non m'inganna, fu lo stesso che si tagliò il “filino” in bagno operando con delle forbicine … se non sapete di cosa sto parlando, ringraziate Dio e andate avanti)
Ormai rilassati, tutti noi della classe 1° M potemmo interagire con tranquillità. Io e Luigi eravamo seduti nei banchi di dietro a Renzo (non mi ricordo il cognome) e Giovanni Di Giovanni (i miei complimenti ai genitori, per la loro sfavillante fantasia. Considerate, che nella stessa classe avevamo pure un Baldovino Baldovinetti…ma questa è pura crudeltà, che nemmeno i Barletta lo prendevano in giro tanto faceva pena). Renzo indossava sempre una camicia di polyester bianco con una fantasia di francobolli marroni dove dentro c’erano raffigurate le macchine antiche. Giovanni Di Giovanni, il suo compagno di banco, era invece famoso per le sue interrogazioni e le sue risposte alquanto didascaliche. Era l’unico che non aveva capito che in geografia, l’industria agro-alimentare e l’industria tessile si possono invocare per qualsiasi regione italiana, per non dire mondiale. Quindi alla domanda “parlami di Palermo” lui accusò: “A Palermo c’è la mafia!” Poi, durante lo stesso anno, alla domanda parlami dei problemi di Berlino, Giovanni Di Giovanni denunciò nuovamente la criminalità organizzata rispondendo:”A Berlino c’è un muro dove i ragazzi ci vanno a farsi la droga!”
Ma i giorni lieti non durarono a lungo. Volle il fato che io e Luigi, a causa di un autogol (tengo a precisare suo) durante la partita contro la 1° F, entrammo in un bisticcio del tipo “Croce di legno, Croce di ferro”; quelli di voi che lo conoscono sanno benissimo che è più facile trovarsi un altro amico che riuscire a rompere questo tipo di bisticcio. Proprio durante questa dissociazione, si unì alla classe un animale di ragazzo che era peggio di tutti e due i fratelli Barletta messi insieme. Un ragazzo di un'altra classe, che ne aveva sentito parlare, ci aveva avvertito: "quello è un tipo che se lo sfiori per sbaglio, TOCCA AMMAZZASSE!" Se avevamo alcun tipo di dubbio, questa premessa ci rassicurò, inducendoci ad accettare passivamente la malasorte.
Ora, non so quale spirito immondo abbia posseduto la Sambagnaro, professoressa di Matematica, a farle pensare che era cosa buona mettere uno che si allena sul ring a fare a pugni, proprio accanto ad un ragazzino, mezzo straniero, che con tutte le scarpe ortopediche pesava 13 kg. Così, all’arrivo della bestia, la Sambagnaro pronunciò la temuta frase: “Siediti li, accanto a von Hauser”
“Merda!”
Alessandro Pocciola, questo era il suo nome, aveva già la patente. Il padre gli aveva detto però che se non avesse ottenuto l’attestato non gli avrebbe comprato la macchina. Io gli avrei dato volentieri la macchina di mia madre per farlo andare, anche perché dopo il suo arrivo nessuno mi parlava più, sicuramente a causa di alcuni “simpatici” deterrenti, come per esempio le sberle ricevute da Renzo o Giovanni Di Giovanni appena si giravano a chiedermi qualcosa, o la mitica sputata sulle scarpe. Alessandro aveva la dote dello sputo con il mirino, una cosa allucinante; secco e diretto. Una volta Giovanni si dovette fare un’interrogazione muovendo in continuazione i piedi per evitare la mitragliata di sputi.
Devo ammettere che dopo un po’ cominciai ad apprezzare la decisione presa dalla Sambagnaro. Sotto quella facciata rude, Pocciola era, dopotutto, un bravo ragazzo. mi accorsi di essere invidiato un pò da tutti perchè mi aveva preso sotto la sua ala protettrice, anche se questo mi preoccupava un po’ perché non sapevo quando e come avrei dovuto ricambiare il favore. Sono sicuro che se sapesse che oggi faccio l’avvocato mi verrebbe a cercare per qualche problemino con la legge.
Ogni giorno appena arrivavo mi accoglieva con un “A’von HAUSER! C’ho mezza busta di fumo na machina … Vieni oggi pomeriggio alla centrale del latte abbandonata, che ci facciamo una canna! I flash che ti fa vedere 'sto fumo sono PAZZESCHI!” e poi l’immancabile medley dei fumaroli “Vado al massimo! Oh tofee tofee tofee!” con in mezzo "ne, neah, neoooow" il colpo di chitarra tratto da Dark Side of the moon . Altro invito che venne cordialmente rifiutato.
Inoltre Pocciola era completamente mesmerizzato dal mio cognome. Mi chiedeva sempre, ma perché la v è scritta minuscola, e perchè si pronuncia con la F, e che cosa significa il tuo cognome in INGLESE?
Un giorno, mosso dal suo interesse gli spiegai che in passato il mio cognome era scritto con la umlaut .
Mi guardò smarrito e mi chiese:”con che cosa?”
Arguii di aver fatto un grande minchiata ma ormai dovevo continuare:”con due puntini sopra la a”
Pocciola mi guardò e rispose:
“STI CAZ%I!”

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