mercoledì 9 maggio 2007

Funzionale ripiego causato da un’inutilizzabile ambizione

Amata e persa.
Diceva di non poter andare avanti così
che l’emozione era troppo forte.
Ma non per me
che insensato come sempre pensavo di poter trovare di meglio.
Oh oh ohhhhh.
Me lo dovrei scrivere da qualche parte,
che supplicare in ginocchio
qualche volta per un ingenuo che si stima più del giusto
avrebbe pure il suo tornaconto.
Così ho fatto l’abbonamento all’autobus.
Perché l’impazienza di essere toccato
certe volte è troppo forte.

domenica 6 maggio 2007

De la vie horrible (Non so a quanto possa servire...ma questo post lo dedico a te)

Ho ricevuto una chiamata che mi ha lasciato del tutto allibito. Un livello insopportabile di tristezza misto a rabbia ed un bisogno assoluto di risposte mi ha spinto a scrivere questo post. Comincerò dal principio…

Avevo circa otto anni quando fui invitato a trascorrere una giornata sulle montagne del Vermont. Ben ed io ci presentammo puntuali con i nostri cestini per il pranzo. Era una di quelle giornate primaverili che preavvisava il ritorno dell’estate, una di quelle giornate dove non vedi l’ora che le madri si allontanino per toglierti il pullover e correre follemente a “maniche corte”…finalmente libero. Mia madre mi aveva vestito con una camicia azzurra ed un maglione che venne immediatamente dimenticato sotto qualche sedile del pullman. Ben aveva i pantaloncini corti, le ginocchia incrostate e la felpa fatta di cioccolata. Poi c’era questa bambina…

Aveva i capelli color castano chiaro, le trecce arrotolate, un vestitino bianco perfettamente inamidato con su ricamate delle gerbere ed un cardigan rosso. La bambina sembrava timida, ma non tanto da sembrare impaurita…solo timida. Timida e sommamente educata. Se ne stava sì in disparte, ma con un modo di fare… come se stare lì a guardare noi che ci divertivamo fosse già abbastanza per farla gioire. Io … che non lascio in pace manco i santi, fremevo a vederla lì da sola a raccogliere margherite; doveva pure lei venire a correre follemente con noi. Così le dissi…in un certo senso le ordinai di seguirci ad andare a vedere le mucche. Esitò un po’ ma alla fine venne pure lei a guardare mucche. ‘Ste mucche però stavano lì e non facevano un granchè per intrattenerci, così si pensò bene di saltare sulla staccionata a fare gli acrobati. Messi in fila, uno accanto all'altro, camminavamo sul bordo come i funamboli…la bambina era l’ultima. Fino a quando si sentì un tonfo e ci rendemmo conto che la bambina era caduta proprio al centro di una grande montagna di escrementi…forse lì destinata a diventare fertilizzante. Quando fu tirata fuori, il suo vestitino era sporco incrostato, la faccia, le mani e le gambe completamente ricoperti di questa melma che emanava un odore nauseabondo. La povera bambina dovette rimanere così tutto il giorno.
La cosa che mi sorprese fu che accettò la malasorte con una tranquillità ed un comportamento stoico che mi erano del tutto sconosciuti a quei tempi. La bambina non pianse, non si agitò, non fece chiamare nessuno, non disse nemmeno una parola. Cercò con le sue manine di spolverare un po’ il vestitino e poi si andò a sedere.
Io…senza il minimo indugio, quel giorno, decisi che cadere nello sterco era la cosa più brutta che potesse succedere ad un essere umano. E per molti anni a venire, quel episodio rimase nella mia memoria come esempio delle gravissime disgrazie che potrebbero succedere quando si va in campagna… ed in qualche modo mi sentii pure colpevole per averla invitata e per aver facilitato così l’avvenimento di tale orrore.

Poi, giorni fa, come ho già detto, ricevetti la telefonata di Ben (che oggi grazie a Dio non ha più le ginocchia incrostate né la felpa fatta di cioccolata…almeno spero) che mi disse di aver letto sui giornali la notizia del ritrovo del corpo di una ragazza, letteralmente massacrata da un vicino schizofrenico…così…apparentemente senza alcun motivo. Questa ragazza …era la bambina.

Allora…cerco di calmarmi. Si dice…Qualsiasi cosa succede per un motivo, no?
O.K. dopo quella telefonata, la mia scaletta degli orrori è stata traumaticamente e violentemente risistemata…cioè, tutti voi sicuramente concorderete col dire che cadere dentro una montagna di feci non è più la disgrazia più grande che potrebbe succedere ad un essere umano…che l’essere ammazzato barbaramente è decisamente molto peggio. Ma dubito che questo evento sia accaduto apposta cossichè io potessi riordinare la mia graduatoria personale di raccapricci vari.
Quindi mi chiedo … o meglio Ti chiedo…Dio, se sapevi che doveva andare a finire così …non potevi almeno lasciarle quel giorno per divertirsi ed essere felice con quel suo bel vestitino ricamato a fare la funambola? No? Perché?

Esigo una risposta!

mercoledì 25 aprile 2007

Ma se leggi libri…poi tutti penseranno che sei un sovversivo! Oh no! Dio ci scampi e liberi…

Diego mi ha gentilmente invitato ad elencare i cinque libri più significativi nella mia formazione psico-letteraria. C’ho pensato e ripensato…e non è stato per nulla facile… Finalmente sono riuscito a compilare una lista …anche se ci sono molti altri libri che forse mi sono piaciuti più di quelli che ho elencato qui sotto. Il principio razionale di tale scelta è dovuto dal fatto che, a mio parere, non per forza un bel libro, solo perché geniale o semplicemente scritto bene, ha necessariamente un impatto sulla vita del lettore…questi invece l’hanno avuto:

Waiting for Godot (Aspettando Godot) – Samuel Beckett

A country road. A tree.
Evening.
Estragon, sitting on a low mound, is trying to take off his boot. He pulls at it with both hands, panting.He gives up, exhausted, rests, tries again.
As before.
Enter Vladimir.
ESTRAGON: (giving up again). Nothing to be done.
VLADIMIR: (advancing with short, stiff strides, legs wide apart). I'm beginning to come round to that opinion. All my life I've tried to put it from me, saying Vladimir, be reasonable, you haven't yet tried everything. And I resumed the struggle. (He broods, musing on the struggle. Turning to Estragon.) So there you are again.
ESTRAGON: Am I?
VLADIMIR: I'm glad to see you back. I thought you were gone forever.
ESTRAGON: Me too.



La Cosa Buffa – Giuseppe Berto

In quel tempo di mezzo inverno benché si recasse ogni pomeriggio di sole sulla terrazza del Caffè alle Zattere, vale a dire in un luogo per niente spiacevole e anzi rallegrato dalle scarse cose liete che si possono trovare in una città umida qual è Venezia durante la brutta stagione, Antonio aveva soprattutto voglia di morire. Detto così il suo comportamento potrebbe benissimo apparire un po’ scombinato e corrispondente ad uno stato psicologico quantomeno confuso, ma a parte la considerazione che chi veramente aspira a a partirsene dal mondo va d’ordinario a cercare giusto i luoghi dov’è meno gravoso rimanerci, nel caso di cui si tratta v’è d’illuminante la circostanza che Antonio proprio sulla terrazza del Caffè alle Zattere per la prima volta aveva visto Maria e precisamente a questa Maria per quanto senza molta colpa di lei si capisce era legata la sua occasionale e presente voglia di morire.


Nanà a Milano – Cletto Arrighi (Carlo Righetti)
Dato che l’incipit è già stato riportato(lo trovate qui accanto) ho preso una pagina a caso…

“Non dico questo... non faccio il nome a nessuno io... parlo in
generale. Ti basti di sapere che acqua torbida non fa bel specchio.
Qui a Milano ci sono dei giovani, così detti del buon genere, che
buttano via il tempo, la salute e i quattrini in cavalli, in cene, in
ball... in baldorie, in frascherie insomma, e che so io.”

“Io non ho davvero queste intenzioni--disse Enrico seriamente.--In
collegio mi hanno insegnato che cosa si deve fare per diventare un
uomo che possa far onore al proprio paese.”

“Tu mi consoli, caro Enrico--sclamò con giubilo don Ignazio.--Mi
piace sentirti a parlare così dei Barnabiti!”

Enrico sorrise.

“Dunque siamo intesi. Ora veniamo alla morale. Tu già non avrai più
nessun danaro di quello che ti ho spedito per fare il viaggio.”

“Non solo non ne ho più di quello, ma siccome, fatto il conto
all'ingrosso, quello che tu mi hai mandato non sarebbe stato
sufficiente per venire fino a Milano....”

“Come! come! Ti sbagli”

“Io non volevo farmi vedere a piangere e ho preso un cuppè tutto per
me, caro zio. Tu mi hai mandato il denaro misurato per viaggiare nei
secondi posti.”

“Io viaggio sempre nei secondi.”

“Io no; sempre nei primi. Mi feci dunque prestare duecento franchi da
un compagno a cui bisogna li rimandi subito.”

“Cominciamo male!”


Zamora – Roberto Perrone

“Tel chi el Zamora.”
Per molti anni, quando si appoggiava al bancone di un bar o afferrava il corrimano di un tram, nel tono della voce di un avventore che ordinava un caffè o nella raucedine invernale di uno sconosciuto compagno di viaggio gli sembrava di riconoscere la voce dell’ingegner Gusperti e si preparava a subire le sue battute, o, resosi conto che non era (non poteva essere) lui, ritornava, con una pena profonda nei confronti di sè stesso, all’umiliazione di un tempo. E’ strano come il disagio e la vergogna siano più radicati, come erba grama, nella memoria, delle piccole grandi vittorie strappate alla vita. Il ragionier Walter Vismara il suo momento di gloria l’aveva avuto, eccome, superiore e vendicativo nei confronti delle ingiurie, ma di quella storia gli restava un fondo d’amaro, come un pena lieve, eppure presente. E non la raccontava mai, anche se, alla fine, poteva apparire come un trionfo. Non la raccontava agli altri, ma la raccontava a sé stesso, perché, anche dopo anni, gli sembrava assurdo che uomini adulti potessero sconvolgere le proprie esistenze dietro un pallone.

The Catcher in the Rye (Il giovane Golden) – J. D. Salinger

Se davvero avete voglia di sentire questa storia, magari vorrete sapere prima di tutto dove sono nato e com’è stata la mia infanzia schifa e che cosa facevano i miei genitori e compagnia bella prima che arrivassi io, e tutte quelle baggianate alla David Copperfield, ma a me non mi va proprio di parlarne. Primo, quella roba mi secca, e secondo, ai miei genitori gli verrebbero un paio d’infarti per uno se dicessi qualcosa di troppo personale sul loro conto. Sono tremendamente suscettibili su queste cose, soprattutto mio padre. Carini e tutto quanto – chi lo nega – ma anche maledettamente suscettibili. D’altronde, non ho nessuna voglia di mettermi a raccontare tutta la mia dannata autobiografia e compagnia bella.


Waiting for Godot (Aspettando Godot) – Il teenager letteralmente impazzì … ed ebbe un assaggio del vero significato della parola “geniale”

La cosa buffa – Perché anche un amore che sembra avere i presupposti per durare all’infinito…può svanire da un giorno all’altro…e senza che nessuno sappia bene il perché…e poi tutti ci fanno il callo e continuano con le loro vite…come se niente fosse.

Nanà a Milano – Perché non c’è niente di più grottesco dell’ipocrisia borghese…un libro disgustosamente attuale…che solo leggendo poche righe…riesce a farmi sghignazzare in maniera considerevole.

Zamora – Perché la semplicità …vincerà su tutto se sostenuta da sentimenti veri.

Il Giovane Holden - Perché se ascolti bene ti dirà: Esprimiti, anche se non sai cosa dire o sei talmente confuso da aver paura, anche se di grammatica non ne capisci una cippa. Non dire qualcosa solo perché il suono è carino…dilla perché la devi dire…e perché sai che tenertela dentro ti farebbe soffocare!

Inoltre, volevo menzionare…ovviamente “Il Male Oscuro” di G. Berto, “La Vita Agra” di L. Bianciardi, “Fosca” di Tarchetti e “il Giornalino di Gianburrasca” di Vamba.

I cinque a cui passo la parola sono (è ovvio…ragà fatelo solo se vi va di farlo):

Silvio
Raffaella
M1979
Gigi Massi
Gianfranco

E Barbi …sempre se fra una foto di latrina e un’altra riesca a trovare il tempo :)


E chiunque altro voglia aderire…non fate complimenti!

venerdì 20 aprile 2007

Tre storielle beote … (ve le racconto tutte in una volta così vi risparmio future visite deludenti )

No, non fu l’amore ad unirci….ma solo semplice muco…che comunque, in questi tristi venerdì…è sempre qualcosa!

E’ venerdì e io sono a letto con l’influenza. Ilaria D’Amico è su La7. Con voce gutturale, strozzata da un’ovvia rinite, l’Ilaria si scusa dicendo “Perdonatemi, ho l’influenza”…una lacrima scese sul piatto della pastina al brodo che stavo mangiando!
...Finalmente, qualcosa ci aveva congiunto!


‘Sti nipoti…so ‘na soddisfazione!

Tempo fa, mio nipote Lorenzo venne a passare un pomeriggio con lo Zio d’America (mi chiamano così perché sanno che mi fa inkakkiare in un modo allucinante). Quando arrivò il momento di andarsene, Lorenzo non ne volle sapere…pianti, singulti e calci (non vi nascondo che la cosa lasciò tutti alquanto scioccati…me compreso). Dissi a mio fratello di non preoccuparsi, che poteva rimanere un altro giorno. Per farlo smettere di piangere gli dissi “Lorè…andiamo a vedere i dvd della signora bella?” (per chi non ci fosse ancora arrivato…la signora bella è Ilaria D’amico). Non vi dico i salti di gioia …che facemmo. Il programma della serata si rivelò un successo: Pepsi, Pringles…e Ilaria D’Amico con intermezzi di moviole…quando si dice i piaceri della vita!
Ad un certo punto …con vocina insonnolita mi dice:
“Zio?...Tu ti ci fidanzeresti con la D’Amico?”
“Si …Zio si ci fidanzerebbe con la D’Amico”
“E perché non la inviti a venire qua?”
“Hmmm…ma sai che non ci avevo mai pensato!...qualche giorno lo farò”
“Se la inviti ...però... le devi preparare un piatto di Spinacine!”
“Hmm..le spinacine? Non lo so …se la D’Amico accetterebbe l’invito…ma uno può sempre provare”
“A me piacciono le Spinacine! Poi mi piacciono i Ringo, gli Smarties la Mucca fa mu mu….”
La lista continuò per circa 27 minuti fin quando Lorenzo mi chiese:
“Zio? Ma tu…vuoi bene di più a Ilaria D’Amico o a Zia Giuliana?”
“Lorè…ma che domande? Zia Giuliana è mia sorella!”
-pausa-
“E’ ovvio che lo Zio vuole più bene…a Ilaria D’Amico”
“pure io!”
“O.K. Ora vai a dormire!”
Bèh…giorni fa, vidi una replica di “Parla con me” dove la Dandini intervistava la D’Amico e le chiedeva di descrivere l’appuntamento romantico ideale…la D’Amico rispose:”A casa di lui, davanti ad un piatto di bucatini all’amatriciana!”

‘Sti bambini oggi…hanno già capito tutto della vita!


L’epitome della tristezza fatta uomo

Un giorno, la ragazza del Bruschetta ci disse che aveva visto la D’Amico su “Scherzi a Parte” senza trucco e che vista in quel modo non era per niente sexy…Celermente ed in modo alquanto triste io e il Bruschetta ci premurammo a farle sapere che noi avremmo trovato Ilaria D’Amico sexy anche se l’avessimo vista appena uscita dal bagno con la schiumetta d’ammoniaca sul labbro per schiarirsi i baffi.
…ah, l’amore!

venerdì 13 aprile 2007

Oddio! Ma va? Bèh...No! ma ...si... ok... ci sto!

Si OK! Ammetto pure che i tuoi denti sono perfetti ed il modo in cui maneggi le posate è continentalmente invidiabile, ma la domanda rimane, una ragazza come te che ci fa seduta davanti ad un ragazzo come me? Sei troppo carina per aver letto Heinrich Böll e se l’hai fatto allora vuol dire che è arrivata l’ora di buttare la mia copia nell’immondizia. Mi rimane di pensare che se fossi stato calvo e con la panza, non avrebbe fatto differenza alcuna per te… e sinceramente, l’idea è assolutamente aberrante. Sarà pure che in questo momento tu hai capito che sono un po’ disperato, e che in qualche irragionevole modo il mio sguardo esanime riesce a darti la forza di continuare a raccontarmi la tua vita per filo e per segno, ma se tu sapessi quello a cui in realtà sto pensando sicuramente non continueresti a dire che sono così carino.
Ma è proprio possibile che ancora non ti sia accorta che non ho detto nemmeno una parola?
Se ti sentivi così sola potevi almeno dirlo… ci avresti fatto più figura. E’ molto meno triste ammettere… che far finta di essere una persona con una vita piena di affetti e di interessi, chè tanto, fidati…si legge a lettere cubitali nel tuo modo di parlare che la sera il tuo telefono non squilla mai.
E no!…non mi conosci minimamente…e no!…non abbiamo niente in comune…comunque ti do qualche punto per averci provato…Ma per quanto ne sai, io potrei essere un venlafaxina dipendente e per quanto ne so io tu potresti essere un’incantatrice di serpenti …ma resta il fatto che la notte è breve e che noi due, vuoi per colpa del fato avverso, vuoi perché sono amaramente annoiato… non riusciremo mai a conoscere nostri lati segreti. Che ci vuoi fare…succede! Una ragazza come te si merita di rimanere sola.
E anche quando ci troviamo al buio, io riesco ad immaginarmi le facce che fai mentre parli… ininterrottamente …fai facce e parli…e nel buio io piango…
Oddio!…
ma va?
Si!…un’altra parola da quella bocca e io mi sparo!
Potrà pure sembrare presunzione…la mia… ma so cosa ho in tasca e so quello che mi posso permettere, e una ragazza come te in quella borsetta ci tiene solo…bèh…lasciamo perdere!
Non mi resta altro che dire… che però il modo in cui mi guardi …a volte…Dio sei così illusa…che quasi quasi diventi irresistibile!
…allora, che fai?... andiamo a casa mia? Oddio! l'ho appena detto...
OK Ammetto...sono più triste di te! Ma un ragazzo come me non dovrebbe mai rimanere da solo.

giovedì 5 aprile 2007

I ricordi indotti di un dislessico

Ottavia si era appena addormentata quando il suono del telefono la fece trasalire. Guardò l’orologio prima di afferrare la cornetta: “Giorgio ma lo sai che ora è? Perché ti ostini…”
“Ti prego non riattaccare…domani, incontrami domani…al solito posto…domani alle 3 sotto i portici …ti prego indossa la gonna nera e il maglione grigio …e l’impermeabile..anzi no…fai tu…però promettimi che ci vedremo …allora…a domani…ciao!” e riattaccò.
Quella notte Ottavia non riuscì a prendere sonno. Perché Giorgio le aveva chiesto di vestirsi come la prima volta che si erano incontrati? Perché non riusciva ad accettare che fra loro tutto era finito?
Pilotata da un’indomabile forza d’inerzia e dalla speranza di porre fine a questo patimento, Ottavia si presentò puntuale, vestita come le era stato richiesto.
Alle 3:05 vide Giorgio salire frettolosamente per Via dei Tempi. Giorgio le lanciò uno sguardo come per controllare che tutto fosse in ordine; indossava le scarpe basse, la gonna nera, un piccolo impermeabile appena allacciato alla vita che faceva intravedere il dolce vita grigio. Poi si girò e continuò per la sua strada. Ottavia, confusa, lo seguì con lo sguardo, ma non ebbe il coraggio di chiamarlo. Con un mezzo sorriso sulle labbra, Giorgio si ricordò che quel giorno era uscito per comprare uno svuota tasche, così entrò in un negozio che vendeva articoli in pelle, e fece finta di non essersi mai fermato.

venerdì 30 marzo 2007

Vita disanimata, lasciami andare per oggi, che lontano avverto un segnale di felicità anche per me…mi sa!

Carissima vita avvilente, tu mi hai fatto compagnia ormai per tanto tempo e io ti ringrazio, ma ora penso che sia arrivato il momento di salutarci. Ti prego di non guardarmi come se fossi un ingenuo, so cosa mi aspetta, e poi tu non mi hai esattamente tutelato come mi avevi promesso, quindi non hai molte spettanze. E comunque, sono successe cose che non ti ho mai raccontato. Per esempio, non ti ho mai detto che un paio di volte, mi sono svegliato nel mezzo della notte e ho scoperto che fuori nevicava; Sorprendentemente ho provato un forte senso di felicità. Si lo so, era solo neve, che manco dopo mezza giornata te l’eri già ritrovata spazzata sui bordi delle strade, annerita dallo smog. Ma forse è proprio questo che mi ha fatto rallegrare, che io l’ho vista quando ancora era bianca, e poi mi ha fatto ripensare a quella volta, quando da piccolo, raccolsi la neve dal parafango della Volkswagen e la mangiai, e mio padre si girò verso di me e mi disse:”Tu, non sei normale”…ma c’aveva pure ragione il pover uomo.
Poi c’è anche il fatto che la gente non è così male, anzi, se li guardi attentamente ognuno è interessante in un modo tutto suo. E siccome poi alla fine tutti noi cerchiamo le stesse cose, se ci mettiamo d’accordo, chissà forse che quello che stiamo cercando si può pure trovare. Che poi mica è vera ‘sta storia che non fidarsi è meglio. Che tolta la fiducia, sei solo come un cane …e manco, perché pure i cani si fidano. E se qualcuno malauguratamente dovesse tradire la mia fiducia…pazienza…mica è un problema mio…è il suo semmai, perché vuol dire che ancora non ha capito niente della vita…povero disgraziato.
Poi guarda, io c’ho ‘sta trentina appiccicata alle costole, se mi metto appresso a te, in un baleno mi ritrovo solo, pensionato, mezzo sordo che aspetto le 20:30 per la fiction di Canale 5 e che mangio ceci perché devo andare di corpo. No grazie, mi sa che rischio. Che poi …delusioni…non penso che ci siano vere delusioni se si sa vivere correttamente. Figurati che c’è gente di cui ho sentito parlare, che impara dagli sbagli e dalle delusioni. Si, sicuramente non è la maggioranza, ma solo qualche caso di cui ogni tanto senti parlare…ma se non ci provi non lo saprai mai se ‘sta storia è vera o no.
Quindi ‘sta paura di sbagliare, penso che te la ritornerò…anche perché fino adesso non mi è servita un granchè…e sinceramente preferirei essere giudicato per quello che sono invece di essere ammirato per quella perfezione apparente e fittizia … che come ormai abbiamo capito … non mi calza per niente. Poi spiegami perché questa immobilizzante paura di sbagliare l’hai data a me? Io che al massimo potrei scrivere qualche misero romanzo…ma dalla a quelli che si passano il tempo a creare i virus per i computer…a quelli li fai lavorare tranquilli tutta la notte, mentre a me per scrivere due parole e mezzo mi fai fare 6000 paranoie.

Quindi, cara avvilente vita, ora esco che già sono in ritardo, e se fossi in te non aspetterei perché sicuramente farò tardi…chè tanto a casa da solo che faccio? Almeno là fuori ho la possibilità di incontrare finalmente quella che amo … e se ti devo dire la verità, oggi mi sa che è giornata…mi sa!

martedì 27 marzo 2007

CREDO QUIA ABSURDUM EST

Ancora non so bene come sia successo. Io, personalmente, il lavoro non ce l’ho mica. Quindi non capisco come i miei amici ancora si possano affidare a me per la correzione dei loro curricula. (Cioè … se ti devi fare correggere un curriculum vitae almeno prima assicurati che il correttore abbia un lavoro … no? )

Brevemente, volevo rendervi partecipi degli orrori che ho visto ultimamente su queste tristi e sfortunate pagine.

Dopo una lunga e provvidenziale carriera come cameriera in una pizzeria, Annaminkia scrive:

1997-1999: Servito mangiare ai tavoli di vari ristoranti (so cosa state pensando …un po’ vaga … però poi specifica) a gente che non conoscevo (se ci pensate bene ha ragione … cioè noi tutti e soprattutto voi ragazze sicuramente apparecchiate e portate il mangiare a tavola ogni giorno … ma mica lo scrivete sul CV … perche? Perché la gente che servite e a voi conosciuta…logico, no?)

Sempre l’Annaminkia continua dicendo: Sicura di un vostro riscontro, spero che lei decidua di selezionarmi… (non so nemmeno da dove cominciare...vabbè...prendiamo una cosa a caso...il decidua...ora, mi rendo conto che lì ci colpa l’infame word che corregge gli errori così rapidamente che uno manco se ne accorge, anche se certe volte sono convinto che il nefando software sostituisce apposta le parole sbagliate con parole oscure che ci assomigliano ma che hanno a che fare con il mestro … qualcuno di voi ha inarcato le sopracciglia? … si, il mestro … andate a vedere cosa significa la parola “decidua” e poi ditemi se lo volete anche voi sul vostro curriculum vitae)

Il mio amico Alfons oltre a millantare delle conoscenze linguistiche che forse si è sognato in uno di quei sogni dove, senza sapere come, ti ritrovi in terra straniera e ti sorprendi di sapere la lingua, decanta le sue proprietà terrene, per di più in neretto e usando una sezione a parte che legge così:

AUTO POSSEDUTA: Fiat Stilo

Ora non so a voi, ma a me AUTO POSSEDUTA mi fa subito pensare a Christine la macchina infernale. Una di quelle macchine che tutto ad un tratto mentre sono al semaforo rosso schizzano via impennando e uccidono 37 persone e per fermarle non basta manco una bottiglietta di acqua di Lourdes.
Che poi… c’è proprio bisogno di mettere sul curriculum che c’hai la Stilo?

E per finire…la chicca!
L’uomo il cui nome comincia con una U spedì il suo curriculum ad un noto studio legale di Milano includendo la seguente(e ormai famosa) frase fra le job descriptions:

Legal Assistant – Ho soddisfatto un team di circa 34 avvocati sia in studio che alle udienze.

Carissimo U, la prossima volta DEVI assolutamente corroborare affermazioni del genere postando qualche filmato su You Tube e listando l’URL dei filmati sul tuo curriculum … chè sennò quelli mica ci credono che riesci a soddisfare così tanta gente in una volta ... e poi non ti assumono!

domenica 25 marzo 2007

Dopo i tristi venerdì....poi ci sono pure i sabati!

Ormai, penso, che l’assiduo lettore abbia potuto intuire con poderosa certezza, che per me, uscire il sabato sera è diventato…che ne so…come andare a farmi impestare di verruche nella doccia di uno stabilimento balneare.
Ma si deve fare!(uscire, ovviamente…ma riflettendoci…pure la doccia dopo una nuotata a mare) perché sennò poi ti chiamano asociale e pensano che c’hai i problemi psichici.
Alle 7:30 chiama la Flavia. Era da tanto che non si faceva sentire, anche perché ha avuto dei problemi con la tiroide. Ciò significa che bisogna essere assai gentili e carini con lei…che già ha gli occhi di fuori. Poi sta pure prendendo dei farmaci che, APPARENTEMENTE, hanno lo stesso effetto del Pentotal di Diabolik…e per l’espressione terribilmente monotona della voce…e per la crudele e tagliente verità che impregna ogni sua parola.

“Noi stiamo andando a mangiare la pizza!”
“Ma va!...la pizza…che idea novella!”
“Finiscila di fare lo stronzo…Veronica ci vuole presentare il suo nuovo ragazzo! Ti passeremo a prendere alle 9:10 perché il Bruschetta deve andare a prendere delle ragazze amiche della sua ragazza che ti volevano conoscere.”
“Che mi volevano conoscere?”
“Il bruschetta e la Chiara stanno andando in giro a dire che te sei depresso e che c’hai bisogno di fregna!”
“LA SMETTETE PER FAVORE DI PUBBLICIZZARE QUESTE CAVOLATE IN GIRO!!!”
“Tanto torto non hanno…”
“Bèh…se in questo momento volessi qualcuna la potrei trovare anche senza il loro aiuto”
“Ah si…dimenticavo…ora c’hai il blog!”
“Io non uso il blog per rimorchiare!!!”
“Solo Dio lo sa come lo usi te ‘sto blog…non ci scrivi ..non ci rimorchi…te la sbrighi te perché ce l’hai…comunque fatti trovare pronto alle 9:10…MI RACCOMANDO”
“Si…si, OK…oh…quindi.. queste di stasera…che sono le vincitrici?…hmm…già me le immagino…ma tu le conosci?”
“si, lavorano con Chiara…sono delle vere abbassatrici di mutandine
“FLAVIA!!! Ma da quando sei diventata così volgare…Riprenditi per favore!”
“E’ la verità…poi mi saprai dire!”

La prima ragazza …che per convenienza chiameremo l’abbassatrice di mutandine #1, l’andammo a prendere a casa. Brutta non era…ma in compenso era irritantemente frizzante...che è peggio. Non chiuse bocca un istante, continuò a parlare di se stessa con la voce di una bambina di 5 anni che sta giocando con degli animaletti di peluche. Io senza farmi vedere cominciai a sbattermi la testa contro il finestrino della macchina …mentre Shivaree cantava “Goodnight moon”.
Arrivammo al locale dove incontrammo gli altri. Brevi presentazioni, saluti e cocktails. Flavia cominciò a bere… il che non mi sembrava affatto raccomandabile dopo quella caterva di pillole che aveva appena ingerito…anche perché già sembrava abbastanza squilibrata da sobria.
Le dissi qualcosa in riguardo e mi servì un gentilissimo:”Fottiti!”
Le altre due abbassatrici di mutandine…bèh…una non si poteva guardare tant’era brutta…l’altra non era bruttissima ma era una cornucopia di acidume.
“Ah queste sarebbero le corteggiatrici?” chiesi a Flavia.
“Te l’avevo detto!”
“Quali sono le regole in questi casi…il tronista che fa quando non è soddisfatto?”
“Ah..questo lo sai te…tu te lo guardi uomini e donne…mica io!”
“IO NON MI GUARDO UOMINI E DONNE DI MARIA DE FILIPPI…L’HO VISTO UNA SOLA VOLTA CA%%O!”
A quel punto si girarono tutti.

Finalmente arrivò Veronica con il ragazzo nuovo …tanto millantato. Seguirono le presentazioni.
Lo guardai mentre gli stringevo la mano e mi resi subito conto che mi ricordava qualcuno. Poi ad un tratto mi sovvenne. Era il “Massimiliano” che mi aveva rubato la bicicletta quando avevo 5 anni.
Mi avvicinai a Flavia e a bassa voce le dissi: “Flavia…ma io a quello lo conosco”
“Ah si…e come?”
“mi rubò la bicicletta quando avevo 5 anni”
“Ma sei sicuro?”
“Sicurissimo”
“Abitava nella mia stessa strada”
“hmm…già gli eroinomani se li era fatti tutti …in effetti ci mancava un ladro per Veronica!...”
“Vabbè dai…ladro! Avrà avuto 6 anni”

Dopo aver aspettato quasi un’eternità nella saletta privata, al tavolo, ci informarono che avremmo dovuto aspettare un altro po’, Flavia continuava a lamentarsi… aveva caldo, aveva freddo, stava sudando ma poi aveva i brividi, in poche parole... sembrava che fossi uscito con mia nonna. Ad un certo punto uscì una trousse marypoppins-iana, la mise sul tavolo e si ricominciò a fare il trucco e i capelli. Con il tovagliolo continuava ad asciugarsi il sudore…pulirsi le sbavature del rossetto…a sventolarsi. Del tutto irritato da tale comportamento le strappai con forza il tovagliolo dalle mani.
”Dio caro…Flavia ma che hai oggi… la finisci… e datti un contegno…siamo a tavola, non è che ti potresti rifare ‘sto benedetto trucco da qualche altra parte?”
Cercò di riprendersi il tovagliolo e mi disse:”Dammi ‘sto tovagliolo che mi serve”
”Flavia! Con questo tovagliolo già c’hai fatto tutto quello che era umanamente possibile fare… guarda, ci manca solo oche ti ci fai il bidet!”
L’abbassatrice di mutandine #2 (l’inguardabile) per cambiare argomento ebbe la sciagurata idea di dirle:”che bel rossetto! Vediamo? Me lo faresti provare?”
Flavia le lanciò uno sguardo che tramortì la poveretta che a quel punto seppe solo dire:”ma…lo volevo provare solo sulla mano”
Flavia rispose:” Se tu pensi che questo rossetto possa toccare minimamente una qualsiasi parte del tuo corpo ti sbagli di grosso!”
Io le feci segno di lasciar perdere e non preoccuparsi…chè Flavia era PAZZA!

Nell’imbarazzo più totale decidemmo di rivolgere la nostra attenzione all’invitato d’onore…cioè il Massimiliano.
Tutti cominciarono a fargli domande…Ma che fai?...ah che bel lavoro! Ma come ti trovi? e cose del genere.
Non potendomi trattenere…gli dissi:“mi sembra di averti già visto da qualche parte”
“Ah si…io purtroppo non mi ricordo”
A quel punto avrei voluto chiedergli:“La mia Legnano te la ricordi?” ma purtroppo Flavia aveva lasciato il Pentotal a casa.
“Ma tu dove hai fatto il superiore? Forse eravamo a scuola assieme?”
“no, le scuole le ho fatte all’estero …tranne pochi anni …ma dubito che potevamo essere nella stessa scuola…ma te che stavi nei paragi della cala?”
Il suo sguardo si illuminò e con un sorriso tutto eccitato mi rispose “Si! Perché pure tu?”
Il mio sguardo non era minimamente illuminato nel medesimo modo quando gli risposi “Bèh si!” Adesso ero sicuro.


La serata stava andando proprio alla grande. Un silenzio glaciale scese su tutti noi! Mangiammo le nostre cose alla svelta, curvi sui nostri piatti... che sembravamo quelli dell’orfanotrofio di Oliver Twist…e chiedemmo il conto. Poi ci fumammo una sigaretta fuori. Di solito questo è il momento quando collettivamente si chiede…”ragazzi, ma ora che facciamo?” e inevitabilmente qualcuno suggerisce qualche luogo oscuro dove continuare a bere. Ma non stasera! Per noi la serata era giunta al termine. Nessuno si azzardò a suggerire niente…e i finti sbadigli erano apparentemente diventati una nuova moda.
Ci salutammo cordialmente e frettolosamente…e mentre felici e contenti stavamo per dirigerci verso le macchine…si udì la voce di Flavia echeggiare … “Oh Stè ma dove stai andando…a quello che ti ha rubato la bicicletta l’hai salutato?”

sabato 17 marzo 2007

Ma dal cuore mio inetto ….cosa vorresti mai?

Non fu una coincidenza che ci fece abbassare gli occhi nello stesso istante. Qualcosa fu detta. Solo che non si sentirono mai le parole. Tu, languida; ma in quel modo sconveniente che solo tu riesci a mettere in pratica. Io, disgustosamente annoiato. Poi c’era lei, ignara…ma felice e contenta; L’unica.
“Se vuoi, te ne puoi anche andare” ma questo lo sapevi già. E invece indugiasti. Poi ci fissammo…un po’ come si fa in quel gioco dove si tenta di fare ridere l’altro…solo che questa volta era al contrario…qui si voleva fare piangere l’altro.
Che cosa cercavi?
Davvero pensavi che mi sarei messo a piangere?
Noi dopotutto eravamo condannati ad una vita apparentemente contraria ai principi dell’onesta…perché avrei dovuto tirare in ballo pure quella povera ragazza …che era l’unica felice e contenta.
No! Soffriremo solo io e tu…e in silenzio per giunta!
…Quindi zitta e mosca!

mercoledì 28 febbraio 2007

Capitolo I …ovvero, la disavventura di aver scelto come amici gente che risponde al nome di Cozzaro Nero e Mogadiscio….

Sembrava essere il solito inutile venerdì; uno di quei venerdì in cui realizzi il fatto che hai una casa e che questa andrebbe pulita…così …anche se per mero divertimento… una volta ogni tanto. Così, corri al più vicino Pewex e compri tutti i detergenti che riesci a trovare…ti compri pure lo sgrassante per il forno (See…e quando mai l’hai usato tu il forno?). Vabbè…per farla breve, era uno di quei venerdì in cui mi andava d’essere pulito! Capita, no?
Allorché, mentre mi trovavo davanti ai surgelati, il Cozzaro Nero fa uno squillo; il che significa … “richiamami perché non ho credito”…si perché invece a me le ricariche me le fanno agratise!
“OHH…che ca%%0 vuoi?”
“Ci vuoi venire stasera?”
“Dove?”
“C’è un topa party
“A'Cozzà…guarda che io li conosco bene i tuoi TOPA PARTY…quindi se hai intenzione di portarmi ‘naltra volta in qualche tugurio pieno di tardone …che se la tirano di qua e menano di là…e sono pure cesse…risparmiami!” (l’allegra famigliola che stava facendo una scorta, degna solo di un evento nucleare, di Sofficini Findus…mi guarda con disdegno….capisco che devo abbassare il tono della voce)
“No…no…è una festa solo per singles…un amico mio mi ha detto che sarà da sballo!”
“DA SBALLO!!! Dio, che frase spiacevole!”
“Ci vieni o no? Ci viene pure il Moga”
“Il Mogadiscio verrà al Topa Party??? Che è successo??? La femmina l’ha mollato?”
“No, Chiara e Vera sono andate al cinema insieme … e noi gli abbiamo detto che andavamo a giocare a stecca…che già sai cosa significa, vero?”
“…hmmm…che dobbiamo staccare i cellulari e fare finta che non c’è campo?”
“ESATTO!!! Allora ci vediamo alle dieci e mezza da te”
“che Dio ce la mandi buona”
Ritorno a casa, e comincio a prepararmi. Il Cozzaro e Moga arrivano puntuali. Ci mettiamo in macchina e partiamo… con tanto di “Break” dei Cinematics sparato a volume 6000…tanto per cominciarci a SBALLARE un pò.
Dopo un’ora, finalmente arriviamo a destinazione…con le direzioni gentilmente offerte dal Cozzà…che diciamolo pure… un TomTom non è…
Un sentimento di tristezza istantaneamente pervade la mia coscienza. Mi rendo subito conto che la doppia dose di Infasil intimo è stata sprecata…chè nessuna delle presenti apprezzerà mai la mia igiene da troppo vicino.
“no…ragazzi…io vado!”
“MA DAI!!! Non sono così male” dice il Cozzaro Nero…ovviamente.
Cercando di non dare troppo nell’occhio prendiamo le nostre consumazioni e ci sediamo in un tavolino in fondo.
Il Cozzaro continua a guardarsi intorno, io e il Moga ridiamo per non piangere.
Pensieri di morte si fanno spazio con considerevole forza nella mia anima. “Dio come siamo caduti in basso!” dico io al Moga.
E il Moga mi risponde con pacata rassegnazione “Eh si! Questa volta siamo caduti proprio in basso”

***

mercoledì 21 febbraio 2007

Dapprima ci furono parole d’amore, poi come di solito succede con questo tipo di cose, subentrò un’imbarazzante stato di confusione...

...fino a quando qualcuno sbagliò a parlare…ed il tutto finì in una comédie larmoyante

La prima volta che vidi Jenny, al corso di Humanities and Western Civilization II, devo ammettere, non mi fece una gran bella impressione. Con il suo taglio alla Jennifer Aniston, il trucco eccessivo ed il suo modo di fare irritantemente frizzante, si avvicinò a me cercando di questuare gli appunti della lezione precedente. Non ci riuscì. Non perché io non volessi darle i miei appunti, ma solamente perché io non avevo mai preso alcun appunto. Cercai così di spiegarle che non c’era bisogno di preoccuparsi, perché tanto tutto quello che il professore diceva …era già scritto nel libro. Sconsolata se ne ritornò al suo posto. Io, intanto, non avendo nient’altro che fare cominciai ad osservarla con la coda dell’occhio. Prima della fine dell’ora, la mia opinione su di lei era cambiata radicalmente. Ora che la vedevo chinata sul libro, risoluta nel sottolineare ogni rigo, a trascrivere ogni parola, mi rendevo conto che doveva essere una persona molto attenta, alquanto insicura ma decisamente determinata; in poche parole l’esatto contrario di me.

I miei amici mi scongiurarono sin dall'inizio, anzi mi proibirono, di rivolgerle un minimo della mia attenzione,come al solito, senza però avere alcuna argomentazione valida. Cioè, apparentemente, l’unica sua colpa era quella di lavorare come truccatrice in un centro commerciale di Providence. Al tempo non mi sembrava una motivazione legittima, ma ora, dopo anni di shopping coniugale, mi rendo conto che in effetti l’essere truccatrice in un centro commerciale, un po’ detestabile.. è. Il crimine commesso da Jenny, quindi, era di far parte di quelle squadre strategicamente posizionate nei grandi magazzini con bottigliette e svariati attrezzi di tortura , che pregano le passanti di sedersi per un attimo, promettendogli un make-over da star. Poi dopo avergli dipinto la faccia per metà, con spietata pacatezza, gli spiegano che per l’altra metà si deve pagare fior di quattrini…costringendo così molte malcapitate senza ‘na lira ad andare a guardare vetrine con mezza faccia truccata come quella di Moira Orfei. Senza offesa…ma questa secondo me è pura crudeltà.

Dopo un promettente primo mese passato insieme, Jenny, un giorno, mi chiamò chiedendomi se sarei andato al party organizzato dalla squadra di nuoto. Avendo trattato il programma di Behavioral Statistics con scarso riguardo, ed essendo il party tre giorni prima dell’esame, decisi di non prendere parte alle festività di fine anno. Ma quella sera, dopo le prime due ore passate in biblioteca meramente a far flanella, decisi che dopotutto quel paio di ore che mi rimanevano sarebbero state meglio utilizzate in modo festaiolo. Così, mi fermai al primo Git’n-Go, comprai un pacco di birre da 12 e mi diressi verso il party a tavoletta. Già dalla strada si distinguevano corpi rovesciati sul marciapiede ed alberi totalmente ricoperti da strisce di carta igienica…da che mondo è mondo questi sono segni evidenti di un party ben riuscito. Cercai Jenny in giardino, poi dentro casa, finche qualcuno mi indicò il retro della casa. La cosa mi sorprese, perché da quella parte si trovava il garage. Entrai convinto di non trovarla, accesi la luce e subito notai uno strano movimento nel retro di una Jeep che stava lì parcheggiata. Provai un po’ di riluttanza nell’avvicinarmi, per paura di trovarmi davanti ad una coppia di sconosciuti completamente ignudi, anche se paradossalmente, il mio modo di avvicinarmi così discretamente rendeva il mio atteggiamento ancor più da maniaco. Ad un tratto riconobbi i capelli e non potei far altro che urlare “Jenny, che ca%%o stai facendo?”
Jenny scese al volo dalla macchina. Ovviamente c’era qualcun altro lì con lei, ma non riuscivo a vedere chi fosse. Guardavo Jenny mentre cercava disperatamente di prendere fiato e parlare, balbettando riuscì solo a dire: “non è come pensi tu!”
“Hmm…Davvero????”
“Si…No…Si…Stavamo solo…Era solo per una scommessa fatta!”
“Stavamo? Scommessa?...Chi, stavamo?...Che scommessa?” Mi spostai per vedere meglio, ma Jenny si posizionò davanti a me per evitare che io vedessi chi c’era lì con lei. Con l’adrenalina a palla e i miei pugni già chiusi, lasciai cadere il pacco di birra per terra facendo esplodere un paio di bottiglie (che fa sempre scena)…e stavo lì… pronto! Feci un po’ della solita manfrina preliminare (per intenderci quella del “tenetemi o oggi uccido qualcuno”) ma dato che non c’era nessuno che mi potesse tenere mi resi subito conto che dovevo andare avanti…chè sennò c’avrei fatto pure la figura del mammalucco.
Così, gridai una di quelle frasi che tipicamente si usano in queste occasioni:”Se hai coraggio vieni fuori, stron%o!” poi scansai Jenny e aprii lo sportello anteriore perché lo stronzo era praticamente nascosto nel bagagliaio. “Vieni fuori, stron%o!!!” gli dissi. Poi tutto ad un tratto una voce femminile, con flemma arrogante disse:”Ciao Stefan.” Sconvolto, uscii a razzo dalla macchina, velocemente richiusi lo sportello e a bassa voce domandai a Jenny: “Ma chi ca%%o c’è lì dentro?”
“hmm…bèh…hmmm…è Sarah”
“Sarah???? Ma Sarah, chi?”
“Wellbound”
“Sarah Wellbound?...quel grand pezzo di fi…Aspè…TU…E…WELLBOUND??? Quindi tu e Wellbound siete…AH! Per questo quella non mi ha MAI cagato… manco di sbieco…è naturale! ora capisco il perchè... non le piacciono gli uomini!”
“Si vabbè…Aspetta…no…te l’ho detto era solo una scommessa…non penserai mica…”
“Jenny! Basta con le ca%%ate…dai, vi ho viste…eravate chiuse nel bagagliaio…poi… hai il collo tutto fatto di rossetto... i pantaloni slacciati…Dio, ti ha stropicciato pure i capelli”
“Stefan senti mi dispiace…ma ti giuro che non è come pensi tu…”
“Me lo potevi dire…”
Rimase in silenzio, il che mi fece irritare nuovamente, così le dissi urlando:”Ma che pensi…che io avrei avuto dei pregiudizi in riguardo? Guarda che io ho tutta la collezione degli Smiths…e in VINILE per giunta!”
Il suo sguardo non sembrava per niente convinto, così continuai:
“Oh…e poi…è stato sempre il mio sogno farmi due donne in una volta…Se proprio lo vuoi sapere!”
A quel punto, Sarah si affacciò dal finestrino, mi guardò sorridendo con un’espressione di sufficienza, e mi disse:”Senti stron%o…continua a sgrillettarti con quel pensiero delle due donne…anzi mentre ci sei, vatti a riprendere quell’altro stron%o dell’amico tuo…che è tutta la notte che rompe i cog]!ioni! e vi fate ‘na bella org]etta”
Davanti a cotanta arroganza, riuscii solo a rispondere:”Stron%o a me…Tu sei stron%a…e lei è più stron%a di te!”
Proprio in quel momento entrò Joey, ubriaco fradicio, camminando come uno zombie con delle enormi patacche di vomito sulla camicia. “STEF!!! Ma dove sei stato?...E’ tutta la notte che ti cerco…ci siamo divertiti un casino…sai, c’erano tutti! C’era…JimBo…poi è venuto Spock…che mi ha chiesto di te…ma tu dov’eri???”
Si appoggiò sulla mia spalla per sorreggersi, poi con un alito stomachevole, si avvicinò al mio orecchio e cominciò a dirmi:”Fratello, ti devo dire una cosa…sai, Jenny?…la tua ragazza?…l’ho vista…”
Lo schiaffeggiai leggermente, tanto per fargli prendere coscienza della realtà che ci circondava:”Intendi…Jenny quella che è lì di fronte a te! La vedi?”
Joey si girò, strizzò un po’ gli occhi come per mettere a fuoco, e con un dito accusatorio sulla sua faccia le disse:” Lascia stare in pace il mio amico…HAI CAPITO?” Fece una breve pausa, e poi disse “la frase”:
“Tuuuuu…..LEBBICA!!!!”
Io mi girai di scatto:”Joey ma che ca%%o dici?....non si dice…”
“NO! Lei se lo merita…E’ una stron%a e Lebbica…”*
“Joey! Semmai è una lesbica…non una …lebbica!”
“Fancu]o Stef…volevo solo aiutarti!”
“AIUTARMI??? Esattamente in che modo mi stai aiutando?....chiamandola LEBBICA?”
“Fancu]o Stef!” e stramazzò per terra.
Seguì un silenzio imbarazzante per tutti, tranne per Joey che ovviamente era rientrato in coma. Lo presi di peso e lo cominciai a trascinare. Arrivato alla porta Jenny mi disse:”Stefan, aspetta…ascolta, mi dispiace…”
“Jenny facciamo finta di niente, OK?”

Guidando verso casa, mentre Joey ancora non riusciva a capacitarsi della mia assenza e continuava a ripetermi che al party c'era JimBo e che Spock aveva chiesto di me, mi resi conto che stranamente non riuscivo ad essere inca%%ato. Jenny, in fondo, stron%a per quanto poteva essere, mi faceva solo pena dato che era costretta a nascondersi nel bagagliaio di una macchina perché là fuori c’era qualcuno pronto a chiamarla LEBBICA. E Joey, paradossalmente, quella notte come sempre, fu un vero amico perchè mi aiutò a capire che qualsiasi malasorte è meglio prenderla ridendoci sopra che inca%%andosi, chè tanto alla fine tutto passa...tranne le risate...quelle sono le uniche che ti ricorderai per sempre. Peccato che oggi non sia più qui per ringraziarlo.

* una frase è stata omessa per non interrompre il flusso del racconto(semmai ce ne fosse uno) trovo doveroso nei confronti di Joey doverla riportare fedelmente:
Joey disse:"No, she deserves it because she is a bitch and a LEBBIAN, but not the ones who like men... like those ones in Playboy" (trad. "No, lei se lo merita, perchè è stronza e lebbica ma non di quelle a cui piacciono gli uomini ...come quelle di Playboy)

venerdì 16 febbraio 2007

Dopo aver camminato per ore mi accorsi di non avere ben chiara in mente una destinazione da raggiungere. Decisi di fermarmi e pensai che qualsiasi punto d’arrivo, di solito, viene raggiunto da una o più strade, che pur essendo molto diverse fra loro, hanno sempre numerosi punti di contatto. Così mi tranquillizzai e mi misi a sedere, cercando di decidere una meta da raggiungere. Una vaga idea ce l’avevo ma bisognava che qualcuno mi indicasse la direzione. Spinto da un inconsueto entusiasmo, misi da parte l’orgoglio e chiamai, spiegando per filo e per segno dove volevo arrivare…il tentativo, purtroppo, fu inconcludente perché...era il luogo dove mi trovavo che mi veniva difficile da descrivere.

lunedì 22 gennaio 2007

Manchevole idiozia

In pratica, sono ritornato al punto di partenza. Volendo, l’avrei dovuto prevedere. Ma se uno, prima di fare una qualsiasi azione, dovesse pensare a tutto quello che gli potrebbe capitare, non si alzerebbe più dal letto. E io a letto già ci sto abbastanza, di mio. Il problema sta nel fatto che sono ritornato da poco ad essere single. E apparentemente i tempi non sono cambiati più di tanto. Perché, anche se la Mussolini continua imperterrita a parlare di emancipazione femminile, sembrerebbe che l’uomo, durante la serata, deve ancora afferrare con violenza quel momento galeotto per chiedere il numero di telefono. Roba da non crederci. Tutto ad un tratto mi trovo catapultato nel 1989, quando, come McFly stavo chiuso nel cesso di una discoteca, asciugando il sudore dalla mia fronte e ripetendo a me stesso con svariati timbri di voce: “ti posso chiamare qualche volta…?” Questo è un girone dell’inferno che non pensavo si riproponesse a quest’età. Ma me lo sono voluto…dirà qualcuno. Vaf£ancu£o! risponderò io.
E se già erano squilibrate da adolescenti….figuratevi ora, con trenta anni di "solitudine" alle spalle. Forse sarebbe meglio diventare monaco buddista obliando così i piaceri della carne, o in alternativa, preservare il proprio corpo sotto sale per generazioni future…ma con questo passo di mazurca che stiamo conducendo…le speranze in un futuro migliore, sono magre per tutti.
Io...il numero lo ricevo. Certo, i riti sono cambiati; non c’è più il pezzo di carta che sistematicamente ti perdevi, adesso c’è il “fammi uno squillo così lo memorizzo”.
…E il numero, apparentemente, venne memorizzato fin troppo bene, perché il mio cellulare suonò molto più di quanto avessi previsto. Il che non è MAI un buon segno. In fin dei conti, l’uomo vuole essere sempre il cacciatore...e l'abboccare un pesce già morto non rallegra nessuno…anche se dentro di noi sappiamo benissimo che non è proprio questo, e che la realtà dei fatti si nasconde in sfumature molto meno profonde, e cioè ...se la Sampdoria sta giocando e sta perdendo…l’uomo non vuole rotti i çog£ion!
Già dal terzo giorno mi rendo conto di aver fatto un errore che mi costerà caro. Non rispondo alle prime cinque chiamate. Alla sesta cedo con un'originalissimo: ”scusa avevo dimenticato il cellulare a casa”
“Ma dove sei stato?”
“In giro….”
“In giro, dove?”
“In giro….con…la macchina???” (sembra più una domanda che una risposta)
“E perché non mi hai chiamata? Lo sai che il venerdì mattina sono a casa”
Per farla breve, in cinque giorni sono uscito con questa ragazza…che chiameremo Marianna…cinque sere…il resto dei cinque giorni fu passato al telefono con la medesima ad ascoltare racconti su le sue amiche invidiose, il boss, il cane e quant’altro…io non ho studiato Psichiatria, ma ho la forte impressione che fra le mani ho un vero caso patologico! Il mio istinto mi dice…di correre in cerca di terre lontane e deserte.
In qualche modo si riesce ad arrivare a Domenica sera. Io penso…stasera non chiamerà…sicuramente è una che si guarda la sfida di Amici. Ma come al solito mi sbagliavo. Accetto così di uscire…con la convinzione che sarà per l’ultima volta.
Sta per arrivare a casa mia. In un momento di panico invoco pure l’aiuto della fedele amica Rachele. La cui, in modo spietato mi dice:”io tifo per lei…per solidarietà femminile” Rachele…non è una partita di calcio, questa! Qui abbiamo a che fare con una folle che ci asporterà il cuoio capelluto, operando con una semplice limetta per unghie, se non si riuscirà a sposare entro la fine dell'anno. Fortunatamente, abbiamo ancora 11 mesi per riuscire a pianificare una fuga.
Arrivo a pensare le cose più assurde…come… provare a dirle esattamente quello che penso, usando però la mia voce da ventriloquo. Potrei poi fare finta di non aver sentito niente, guardandola con lo stesso sguardo di disdegno che si ha verso i barboni quando ti urlano frasi insensate nella metropolitana.
Poi ci rifletto e mi dico…bèh posso farmi odiare…non dovrebbe essere così difficile…milioni di persone già lo fanno, senza che io nemmeno ci provi…figuriamoci se mi mettessi d’impegno.
Adesso sono un uomo con una missione… non mi spazzolo i denti…non mi faccio nemmeno i capelli…e salgo in macchina munito di …cd.
“Cosa hai lì?”
“E’ il mio cd preferito…volevo assolutamente che tu lo ascoltassi…è una giornata che canto questa canzone…”
“Ma di chi è?”
“di Cristian”
“hmm…non penso di conoscerlo”
“ohhhhh…io INVECE penso di si…è impossibile non conoscerlo”
Marianna strabuzzò alle prime note di “Cara”, cercò di abbassare il volume e di parlarci sopra, ma ogni volta che si azzardava a toccare lo stereo, io rigiravo quel pomellino come se la mia vita dipendesse da esso. Poi la interrompevo con un “Aspetta…aspetta…questa parte mi fa letteralmente IMPAZZIRE” e giù… a cantare il ritornello
CARA IL TEMPO VOLA…MA TU DA ORA…CON ME NON SEI PIU’ SOLA
Adesso a squarciagola vicino al suo orecchio.
PER UN AMORE CHE VA UN ALTRO STA NASCENDO DENTRO ME
E DOLCEMENTE TU…SARAI PER SEMPRE…CARA!

Mentre il suo piede schiacciava l'accelleratore a tavoletta, io la rassicuravo dicendole:"questa sarà la nostra canzone!"

Oggi, fui contento quando il telefono non squillò…certo, mi sentivo un po’ bastardo…ma un bastardo libero…fin quando ricevetti un sms che tristemente leggeva: “ho passato una bellissima serata ieri…oggi sono stanca…ci sentiamo buonanotte”

Rachele gentilmente mi ha consigliato una novena infallibile, per l’intercessione di Santa Rita, da fare nei casi di richieste impossibili…

mercoledì 17 gennaio 2007

CONCORSO: GLI AMICI DEI BASTARDI

qui, Maria de Filippi c'entra poco o niente....

Comincerò quest’infelice rassegna di amici bastardi con “l’amico bastardo adolescenziale” quello con cui condivisi, fra le tante cose…le prime sbronze di Grand Marnier, rubato dall’armadietto del padre, un paio di scazzottate, un incidente con la moto…ed anche il nome! Si avete capito bene…io fui uno dei pochi ad avere la fortuna di trovare un migliore amico con il mio stesso nome…solo che lui lo scriveva con la “ph”. Stephan era, per motivi ancora oscuri al mio intelletto, fanaticamente venerato dall’esecrabile corpo studentesco della nostra scuola superiore. Tanto per farvi capire il tipo…Stephan fu quello che dopo essere andato al cinema a vedere “S.O.S. Fantasmi-Scrooged” con Bill Murray, tornò indignato accusando il regista di aver plagiato la storia di Micky Mouse, di cui lui aveva il fumetto conservato a casa. Ovviamente da buon amico, dopo aver notato l’intenso livello di collera che questa scopiazzatura aveva suscitato in lui, non riuscii mai a rivelargli che anche un certo Charles Dickens aveva plagiato il povero Topolino. Un giorno, a causa di un mio momento di debolezza con una sua ex, Stephan decise di troncare la nostra amicizia per sempre. Io personalmente non riuscii ad oppormi più di tanto, anche perché considerando i fatti non mi sentivo assolutamente in torto. Sfortunatamente però, alla frase “per sempre” non tutti danno lo stesso significato di eternità; Stephan, infatti, mi chiamò poco prima del suo compleanno cercando di impiantare una riappacificazione. Poi mi spiegò esattamente il tipo di regalo che avrei dovuto comprare per il suo diciottesimo compleanno…c’è bisogno di andare avanti? Va da se, che dopo il compleanno non lo sentii mai più. L’avessi saputo prima che bastava solo un orologio per levarmelo d’attorno…glielo avrei regalato molto prima!

In seconda posizione troviamo Alessandro, alias l’amico bastardo estivo. Alessandro era il tipico amico che quando capiva che qualcosa, fra me e una ragazza, stava cominciando a prendere forma tangibile, cominciava a rompere i cogl!0ni denigrando la ragazza in qualsiasi modo possibile. Apparentemente, però, subito dopo subentrava un cambiamento repentino d’opinione e cominciava disperatamente a provarci anche lui. Un giorno Alessandro molto gentilmente si offrì di accompagnarmi all’aeroporto. Mentre ero in fila a fare il check-in, vista la disponibilità mostratami, gli chiesi se poteva andare a prendermi un quotidiano qualsiasi. Alessandro arrivò di corsa, mentre mi trovavo già in fila per i gates, e mi consegnò una copia del Corriere della Sera con tanto di allegato in mezzo. Arrivato d’avanti al mio posto, feci cadere il quotidiano sul sedile, liberandomi le mani, così da poter mettere il trolley nell’apposito contenitore. L”allegato” scivolò fuori, scoprendo la sua turpe identità. Io e praticamente tutto l’aereo scoprimmo allora che non si trattava affatto di una pubblicazione del gruppo editoriale Rcs, ma bensì di un giornale di nicchia dedicato ai piaceri sad0mà$0 per gli over40s. Essendo forse una rivista che si rivolgeva ad una fascia di mercato un po’ troppo ristretta, la vista di tale giornaletto non venne apprezzata da molti, tanto che la signora, che si trovava già comodamente seduta accanto al finestrino decise di scomodarsi e di chiamare l’intero staff per farsi cambiare di posto, spiegando con veemenza la contrarietà che provava per quel tipo di letteratura. Le hostess a loro volta fecero intervenire il capitano, che lasciò la cabina per venirmi a trovare di persona per spiegarmi che non avrei potuto indugiare in tali letture sul quell’aereo. Invani furono i miei tentativi di spiegare il crudele scherzo. Dopo un inintelligibile strizzata d’occhio il capitano mi disse che non avrebbe sequestrato il giornale se non l’avessi uscito in pubblico permettendomi così di visionarlo comodamente una volta arrivato a casa. Io lo ringraziai per essersi scomodato e per non aver usato il microfono di bordo.

La ormai famosa Flavia fa un cameo in posizione numero tre, come l’amica bastarda femmina. Tempo fa, Flavia disse ad uno splendido pezzo di gnocca che si era informata sul mio conto … che io ero totalmente esaurito e… di lasciare perdere. Poi ebbe pure il coraggio di raccontarmi tutto e … di dichiarare il suo interesse per me! Follia pura! (non nego di essere totalmente esaurito…però nutro risentimenti per chi lo sottolinea gratuitamente)

In quarta posizione non poteva mancare l’amico bastardo universitario, in questo caso Kasey. Una mattina dopo essere arrivato in ritardo al corso di Developmental Psychology, notai che gli altri colleghi erano intenti a scrivere qualcosa su dei foglietti di carta. Domandai a Kasey di che cosa si trattasse, il quale mi spiegò sottovoce che dovevamo compilare una lista dei “cambiamenti nelle condizioni fisiche che avvengono agli individui del nostro stesso sesso col sopraggiungere dell’adolescenza.” L’assistente del Prof. Testa di Ca%%o passò a ritirare i foglietti, ed il Prof. Testa di Ca%%o cominciò a formulare una classifica alla lavagna, specificando nomi e cognomi degli scrivani. Al momento non capii il perché tutti avessero scelto cose come: il sorriso, gli occhi, le mani. Poi il professore disse:”dai primi risultati possiamo già vedere che le cose che ci colpiscono a prima vista degli sconosciuti sono sempre le stesse e cioè…gli occhi, quindi il sorriso e la reattività dell’interlocutore, le mani quindi la gesticolazione….” Ovviamente la lezione subì una pausa traumatizzante quando il Prof. lesse la mia lista, che conteneva fra le tante cose, genitali sviluppati, presenza di peluria nel petto e abbassamento della voce. Volevo sprofondare…giuro che ancora ho l’impressione di sentire la gente mormorare alle mie spalle “lo vedi quello, quello per prima cosa guarda i peli del petto…”

E per finire … l’amico bastardo d’ufficio. Roger, che dopo aver passato un fine settimana sul campo da golf “perché ormai aveva pagato l’iscrizione al torneo…e pareva male” mentre io facevo le nottate in ufficio a ricercare una minch!@ di difesa per il caso White vs. Mourney, ebbe il coraggio, la mattina del lunedì di arrivare in ufficio prima di tutti, prendere il fascicolo dalla mia scrivania, e di appropriarsi del sudato lavoro, dicendo al capomastro di non mandarmi in tribunale perché da quel che aveva potuto vedere io avevo contribuito poco e niente e sembravo molto confuso riguardo agli elementi del caso. Quando vinse il viaggio premio alle Hawaii… pregai che venisse inghiottito dal magma.

Spero questo possa bastare…volevo inoltre ricordare, a chi fosse interessato, che si sono aperte le iscrizioni per la nuova posizione di amico bastardo blogger…chiunque fosse interessato può partecipare all’estrazione che si terrà a breve sul mio blog.

martedì 16 gennaio 2007

A quell’appuntamento in Piazza Duomo, io mi presentai da solo, mentre tu, vigliacca, ti facesti accompagnare dai ricordi

SECONDA ED ULTIMA PARTE

Dal tavolino del bar dove ero seduto, vidi la sua figura, longilinea ed imperturbabile, avulsa dall’eccessivo sentimentalismo architettonico di quella piazza. Decisi che non avrei attirato la sua attenzione, almeno per un po’. Rimasi, così, seduto e aspettai che fosse lei a scorgermi. Empiamente, indugiai nel guardarla di nascosto, mentre con aria smarrita si voltava di qua e di là, intenta a trovarmi in mezzo a quella folla. Un evento, a cui lei doveva essere ormai abituata. Ero sicuro che, sotterrato negli abissi di quella borsetta, si nascondesse un cellulare; ma anche se così fosse stato, Edith non avrebbe mai avuto il buon giudizio di usarlo. Ad un tratto il suo sguardo si fermò nella mia direzione. Strinse un po’ gli occhi e dopo essersi accurata per bene che fossi proprio io, cominciò ad avanzare. Sentii un brivido lungo la schiena; Forse a causa della febbre, o forse a causa di qualcos’altro, non so. Fu lì che mi resi davvero conto che il posto dell’incontro era stato malavvedutamente scelto. Non eravamo fatti per Piazza Duomo, noi. Almeno non più. Quella piazza era per gli innamorati, quelli che camminano mano nella mano, oppure per gli amanti che si incontrano clandestinamente. Noi, a quel punto della storia, ci saremmo potuti incontrare benissimo in Via del Dopolavoro, o al camposanto per quanto mi riguardava.
Si accomodò di fronte a me senza salutarmi. Non la biasimai. Dopo anni di matrimonio, le effusioni diventano così intime che non potresti mai più ritornare ad un formale “Ciao come stai?”; Preferisci il silenzio.
Subito uscì le carte da firmare. Io accennai un sorriso sornione e le chiesi:”Cos’è, hai portato i compiti da fare?”
Mi agghiacciò con lo sguardo.
Sghignazzai, mentre ero preda ad una successione di colpi di tosse espiratoria. “Meno male che mi sono messo la sciarpa oggi, perché il tuo sguardo sta raffreddando l’aria.”
Si voltò verso di me, con uno sguardo scrutatore. “Che hai?...stai male?”
Senza che io me ne rendessi nemmeno conto, la sua mano era sulla mia. Poi appoggiò il dorso della stessa sulla mia fronte, e subito dopo la immise fra la sciarpa e il mio collo. Mi scostai violentemente.
“Ma sei caldissimo ... hai la febbre! Non dovevi venire se stavi male…avrei trovato il modo. Mi dispiace, ti ho detto che ripartivo…ma…” Sembrava genuinamente preoccupata.
“Che fai adesso, ti preoccupi per la mia salute? Sono sicuro ci sono stati momenti in cui avresti preferito vedermi morto…”
“Bèh, sono sicura che quegli stessi sentimenti li hai provati pure tu!”
“No! Io no! La tua morte non mi avrebbe procurato alcun tipo di consolazione…la cellulite si!”
“Scusa?”
“Si, ci sono stati momenti in cui ho desiderato che un giorno ti fossi ritrovata imbottita da un’enorme quantità di cellulite…così da prendere la stessa forma che molte delle tue concittadine sfoggiano già…pregai che tu diventassi ripugnantemente cellulitica…ma sana e longeva, così da convivere una lunga vita con quell’ingombro.”
Mi guardò scioccata.
“A dirtela tutta, lo spero ancora….qui fanno una buonissima crem de mascarpun…se vuoi la ordino”
Aprì la borsa e cominciò a rovistare, come se non avesse dato alcun peso a quello che avevo appena detto: “Forse ho ancora del Benadryl…quello che non ti fa allergia…no, mi sa che era scaduto…lo devo aver buttato via, ho delle Cloralit ma sono quelle al gusto di mirtillo”
“Hmm…buone, quelle mi piacciono!”
“No Stefan, quelle al mirtillo sono quelle che ti fanno schifo, quelle che ti piacciono sono quelle all’amarena”
Come al solito aveva ragione. Edith ricordava sempre quello che mi piaceva e quello che non mi piaceva, molto meglio di me. Di solito al ristorante, soprattutto se esotico, era lei quella che sceglieva per me, certe volte mi impuntavo pateticamente che la “tempura” o qualcos’altro mi piaceva da impazzire, mentre lei mi continuava a dire di non prenderlo “perché ti sa di fritto e ti fa venire da vomitare” e…matematicamente, mi veniva da vomitare.
“Ti ricordi quando ti ostinasti con la signora del Hong Kong Garden, dicendole che avresti preso il pollo solo se ci avesse messo la salsa quella col panda, che poi generalmente si chiama salsa di soia perché quella col panda era solo la marca che compravo io, mentre in realtà volevi la salsa agro-dolce…ohh quanto risi quella volta”
Poi, cominciò a farmi il verso:”Signora giapponese…la salsa, a me piace quella col panda…
Cominciai a ridere, e fui catapultato in profluvio di ricordi, la cui maggior parte, non era nemmeno spiacevole da ricordare. La odiai.
“Dammi queste carte da firmare….sei un’accattona!”
Edith sapeva che non mi stavo riferendo alle carte. Rimase lì a guardarmi, quasi con un sorriso sulle labbra, perchè finalmente aveva avuto la certezza…lei mi mancava.
E’ una cosa un po’ bizzarra, ma anche quando una storia è finita, anche quando dentro non è rimasto nessun tipo di sentimento, anche quando il risentimento è svanito, due ex cercheranno sempre qualche tipo di segno sibillino che li farà illudere che loro mancano all’altro. Capii che era proprio per questo che avevo scelto il cappotto, per riuscire, forse, a suscitare uno sguardo che mi avrebbe dato quell’illusione. Di conseguenza pensai che fosse proprio per questo il motivo per cui anche Edith si era sistemata per bene, truccandosi e scegliendo con cura abiti che la perfezionavano.
“Sai benissimo che non avrei mai rivendicato i miei diritti su queste cose…ti avevo già promesso che tutto sarebbe rimasto tuo…e tu sai che quando io prometto…”
“Si, lo so….ma….”
Quel “ma” procurò in me uno stato di panico, cosa sarebbe successo se mi avesse detto che l’aveva fatto per rivedermi, per farmi riconsiderare, per riappacificarci. Forse era per questo che aveva tirato in ballo i ricordi. Cosa sarebbe successo se quel “ma” aveva ragione di esistere. Firmai con la mano tremante, mentre speravo che non ci fosse un seguito a quel “ma”. Mentre cercavo di convincermi che quel “ma” voleva sicuramente precedere un “non ci credo”…o un “voglio la certezza che queste cose saranno per sempre mie.” Ma perché ero nervoso? E perché la odiavo così tanto per avermi fatto ricordare qualcosa che, dopotutto, non mi era nemmeno dispiaciuto ricordare.
Dopo aver firmato le carte e le feci scivolare sul tavolino. Poi la guardai e le dissi:”Qui c’è tutto quello che volevi…attendo le fotocopie al più presto e per favore fammi contattare dal tuo avvocato.”
Così mi alzai, lasciai i soldi per le consumazioni sul tavolo e me ne andai. Ma prima di andarmene, la ringraziai…perché mi resi conto che…in questa vita apatica, è un privilegio soffrire per amore.

giovedì 11 gennaio 2007

A quell’appuntamento in Piazza Duomo, io mi presentai da solo, mentre tu, vigliacca, ti facesti accompagnare dai ricordi

Un ring sarebbe stato il posto più giusto. Invece, vittime di un’ottenebrante indecisione, optammo per Piazza Duomo. Prevedevo, comunque, che prima o poi, nel corso dell’incontro, ci saremmo incamminati verso la Galleria. Ma anche se si fosse deciso di non spostarci, non avrebbe fatto differenza alcuna.
“Ci sono da firmare quelle carte…lo sai” disse lei.
“Allora … lo posso considerare… un appuntamento?” risposi io con una voce artificialmente sensuale.
“Chiamalo come vuoi!”
Per colpa di una peculiare timidezza mai avvertita prima d’allora, la telefonata si concluse così, e alcune rappresentazioni mentali, di conseguenza, non vennero mai trasmesse; pezzi di informazione molto importanti. Si, perché di regola, a quel punto, io avrei dovuto gridare:”Testa di mink!@ ho la febbre a 40 … ‘sto ca%%o che mi vedrai spuntare in Piazza Duomo!!!.” Ma non lo feci. Qualche insensibile potrebbe pensare ad un’irrefrenabile desiderio inconscio di non prolungare questa miserevole storia inutilmente. Ma forse no; Sforziamoci di non essere cinici, almeno per oggi. Cerchiamo di convincerci, invece, che non lo feci, solo perché in qualche modo, mi andava di vederla. Ecco! In effetti, devo ammettere, che in quel momento mi andava di soffrire. Soffrire interiormente; Perché certe volte la sofferenza fisica non è proprio abbastanza.
Paradossalmente, c’è sempre uno strano romanticismo che pervade l’aria quando un amore finisce. Sennò non si spiegherebbe il successo che hanno le canzoni di Raf. Col tempo ho imparato a valorizzare gli effetti collaterali che si manifestano quando un amore si esaurisce. Manifestazioni che sono forse ancora più importanti dell’amore stesso. Ma questa esperienza arriva con delle responsabilità. Quindi sappi, che quando si presenta ti dovrai comportare da adulto.
Con questa premessa in mente, aprii l’armadio e decisi di indossare il cappotto; anche perché ero consapevole che il ricordo di questo incontro sarebbe rimasto a lungo nella memoria di entrambi. Inoltre, scelsi il cappotto perché avevo la certezza che un evento di questo tipo non si sarebbe mai più ripresentato, almeno non con Edith. Rimango, comunque, speranzoso riguardo la possibilità di rivivere qualcosa di simile con qualche altra malcapitata.

Da piccolo, forse, visionai troppi film di Gianni Morandi. La trama, era sempre la stessa; ma stranamente nessuno se ne accorse mai. Il soldato Gianni Raimondi (ma c’era proprio bisogno di un’anagramma?) si innamorava di Laura Efrikian, poi la tradiva, lei lo scopriva e lo lasciava. Lui, comunque, ingegnosamente trovava sempre il modo di cantarle una canzone, che aveva convenientemente scritto per l’occasione, e inevitabilmente lei finiva per perdonarlo. Io disgraziatamente non ho mai scritto canzoni; forse, era proprio quello il mio problema. Improvvisai un motivetto a mezza voce ma rapidamente mi convinsi che cominciare adesso sarebbe stato inutile, quindi alzai il colletto del cappotto, perché faceva più figura e anche perché c’era vento e io avevo la febbre.

(***)

venerdì 5 gennaio 2007

Forse non tutti sanno che...

(AKA Il quesito con la Barbi)

La carissima Barbi, mi ha "gentilmente" listato per una triste catena di S. Antonio...ebbene sì sono arrivate fin qui...ringrazio Barbi per essersi ricordata il mio nome

Ci ho pensato e ripensato…vi ammetto che moltissime volte ero sul punto di lasciar perdere…ma poi mi sono detto: “Sputtanato per sputtanato…almeno rimango fedele alle ideologie del neoscapigliato”
Ecco, dunque, le cinque cose che nessuno sa di me…

1) Al college, istigai alcune persone a mandare emails anonime ad una povera recluta solo perchè non mi faceva simpatia, fino a quando questo povero disgraziato non cambiò college. (Il che, apparentemente funzionò a meraviglia per lui dato che adesso è Vice Presidente di una multinazionale … e io sono disoccupato)

2) Una volta, andai da una medium a farmi dire il futuro, la quale mi disse fra le tante cose che io e il Principe Harry saremmo diventati buonissimi amici “dato che fondamentalmente siamo gli stessi”

3) Compro di nascosto i DVD di Pippi Calzelunghe e dico al giornalaio che sono per la bambina (cosa ancor più tragica: penso che lui sappia che non ho prole …chissà cosa penserà).

4) Quella sera dopo aver detto a Lilian di tornare da suo marito (vedi Preso orribilmente a sganascioni..., infra) , io, andai a passare la notte da Flavia. (Non ne vado assolutamente fiero)

5) Una volta, Edith mi costrinse a guardare il film “Voglia di Tenerezza”. Durante la visione corsi più volte in bagno, a piangere disperatamente, ma al ritorno, ogni volta continuai ad affermare stoicamente: “Questo film è una cagata”!

P.S. Non mi va, assolutamente di tirare in ballo altri sventurati in questa balorda catena di S. Antonio. E’ già abbastanza che mi sono sottomesso io, volontariamente, a questa imbarazzante tortura.

P.S.1 Penso che tutte le ragazze di Comunione Liberazione siano ninf@mani ;)

martedì 2 gennaio 2007

01.01.07

L’idea sembrava alquanto semplice. A pensarci adesso, troppo semplice. Il concetto ispiratore era uno, e cioè, se non riesci a stare bene da solo non riuscirai mai a stare bene con gli altri. Anche se non l’ho formulato io, sembra esserci una logicità in questo pensiero, non so bene quale sia, ma mi fido. Ho deciso. Quest’anno mi metterò alla prova. Porterò solo Medwin, il violoncello.
Ma con me c’è anche una cosa chiamata cellulare. Che non è mai spento. Perché?
Perché, ammettiamolo, ci piace sentire la suoneria che abbiamo scelto con tanto zelo.
Così aspetto che la canzone finisca tutta. Poi rispondo. Anche se so già chi è. Anche se so già che non dovrei. Anche se so già che accetterò la proposta che mi verrà fatta.
L’incoerenza è una virtù, se viene ostentata con consapevolezza e con un sorriso sulle labbra.
“Non mi vorrai dire che passerai il Capodanno, da solo, in quel posto dimenticato da Dio?”
“Beh, Si, questo era il proposito iniziale…un Capodanno alternativo…caffè e latte, Lexotan e tutti a nanna!”
“Prendi un aereo e sali subito, non voglio sentire scuse!....click!”
Urbano sapeva benissimo che non sono tipo da scuse, io. E’ per questo che aveva chiuso precipitosamente. Per questo, e per il fatto che, in un secondo, ineluttabilmente, gli avrei chiesto se fra gli invitati ci sarebbero stati pure alcuni elementi della Famiglia Albrighten.
Ironicamente, quel click prematuro, fu un segno perspicuo.
Improvvisamente, il concetto ispiratore cambiò direzione, cioè, se il tuo umore è di merda, perché non trasfonderlo agli altri, soprattutto, quando puoi farlo durante la solenne celebrazione di ‘sto ca%z@ di Capodanno? Questo pensiero l’ho formulato io, ma ammettetelo, c’è una logicità!
La viltà è una cosa brutta da accettare, ma se ti rendi conto che fa parte di te, non rinnegarla.. ti conviene solo riderci sopra.
Decisi così di partire prima del previsto, perché adesso mi ritrovavo con una missione da compiere: comprare uno smoking in meno di 14 ore. Una sfida che mi allettava. Anche perché non potevo andare con qualsiasi smoking, non sia mai. Dovevo trovare un Duca di Windsor che mi stesse a pennello. Perché se devi rovinare la festa…almeno fallo con stile, no?

Musica classica di sottofondo.
“Ce l’abbiamo nero”
“No. Perché poi sotto le luci, uscirebbe quel colorito verdastro…fare brutta figura…proprio stasera? Neanche Dio lo vuole…Che dice? Blue notte o niente!”
“Vedrò che posso fare!”
Dopo un paio di ore, il Duca di Windsor apparve in tutto il suo splendore. Blue notte…giacca corta…revers a lancia…un’alterazione qua e là, fatta da qualche povera povera sartina Cingalese, chiusa per l’occasione nel retro…e sarei stato pronto.
Fu così che mi avviai verso quella buia e fredda notte…con la certezza che almeno sarebbe stata l’ultima.

E’ strano, ma quando fuori i rumori sono assordanti, dentro riesci ad avvertire una strana pace. Come un silenzio facondo. Specialmente quando, dopo aver sopportato, quella che sembra essere un’inesauribile versione di “Sorry” di Madonna, cominci a sperare che qualche fulminate malattia alla coclea ti doni una sordità totale ed eterna, così da non dover percepire neanche per un altro secondo quell’increscioso e interminabile mix.

C’era gente che mangiava, gente che ballava, gente che beveva…io, fui per tutta la notte confinato fra questi ultimi. Poi, inevitabilmente, mi fu presentata lei. "Fa la ballerina … blah, blah, blah…conosce [inserisci nome di personaggio famoso a tua scelta…tanto di solito non è mai vero] …blah, blah, blah, … ha fatto il provino con [inserisci nome di produttore maiale di tua scelta…non dovrebbe essere difficile] … blah, blah, blah". Così ti ritrovi d’avanti all’ennesima ragazza di provincia, la cui massima aspirazione è di diventare una “velina.” YIPPY!!!!! La guardi e ti fa un po’ pena, quando sguaiatamente, si gira a salutare tutti quelli che riconosce. Insegue disperatamente quella collocazione elusiva nello stardom. Come se esistesse davvero. Come se il risultato fosse veramente meritevole di quell’umiliante immolazione di se stessa. Un luogo comune, succede da sempre. Ma i tempi cambiano, e i luoghi comuni certe volte non li riconosci più. Così si avvicinò, con il suo modo di fare smodatamente festante e lasciò cadere qualcosa nel mio drink. Poi con il suo finto accento milanese, mi disse: “Uèè bevi dai…che comincia la festa!”
“O.K. Jovannotti!” risposi io.

Ora non so più dove sono, forse mi sono addormentato, non lo so. Avverto un mal di testa ed un sapore strano in bocca. Guardandomi attorno riconosco a stento la stanza, era quella adibita a guardaroba. Una gamba mi fa male, ma forse è perchè mi ritrovo giacente in modo scomposto su un piccolo divano, proprio accanto un piccolo ammasso di cappotti e pelliccie. Non so come dovrei giudicare il fatto che sono da solo e abbastanza vestito. La porta è aperta. La musica adesso è diversa però, molto più soft. Sento gente arrivare. Un rumore di tacchi. Ma prima ancora di riconoscere quella cadenza che non sentivo da tempo, mi ritrovo sottoposto ad un’analisi minuziosa da occhi che mi avevano già condannato da tempo con una sentenza apparentemente contumaciale. Che fare? Non che le dovessi alcuna scusa. Né per la rosa eccentricamente installata nella cerniera dei miei pantaloni, né per il numero di telefono scritto con la matita per occhi sulla guancia destra, di cui, disgraziatamente, non riuscìì mai a decifrare l’ultimo numero.

Così, ostentando orgogliosamente la mia faccia di cul@, sorrisi e dissi: “Surprise!!! Happy 2007”
Edith fece una pausa e poi si diresse verso la montagna di cappotti. Evitava di guardarmi, ma in viso le si poteva leggere un misto di rabbia e pena. Prese un soprabito con la martingala e si diresse verso la porta. Urbano, che prima aveva “troppo palesemente” cercato di fermarla, ora stava lì fingendo uno stato d’imbarazzo. E come per rendere il tutto un po’ più spiacevole, il dj aveva riesumato la salma degli ABBA con la loro demoralizzante “The winner takes it all.”
Sapevo che non l’avrei fatta uscire da quella stanza con quello sguardo. Lo sapeva anche lei.
“So…I take it … it’s over between us?” dissi.
Fulminandomi con lo sguardo, rispose: “You would have known it…had you bothered to come to the court…The judge finalized the divorce…didn’t Clark tell you?”
“Yeah, I received some papers in the mail…”
“Did you even bother to read them?”
“no…I figured…what’s the use?”
“Oh yeah I forgot…what’s the use in anything…really?”
Sorrisi maliziosamente e poi le domandai: “Well…let me guess…how exactly are you paying for this nice Italian visit?”
A quel punto Edith si girò e se ne andò.

Riassettai il Duca di Windsor, e strizzando gli occhi ai primi raggi di luce del nuovo anno, mi diressi alla ricerca di un bar aperto. Fu lì, che mi resi conto che anch'io inseguo disperatamente qualche collocazione elusiva. Ironicamente, ancora più elusiva di quella della ragazza provinciale. Perchè almeno, lei alla sua può dare un nome.
Il silenzio interiore era cessato…ora, con tono accusatorio, dentro di me, sentivo la musica tratta dai Vitelloni.