lunedì 22 gennaio 2007

Manchevole idiozia

In pratica, sono ritornato al punto di partenza. Volendo, l’avrei dovuto prevedere. Ma se uno, prima di fare una qualsiasi azione, dovesse pensare a tutto quello che gli potrebbe capitare, non si alzerebbe più dal letto. E io a letto già ci sto abbastanza, di mio. Il problema sta nel fatto che sono ritornato da poco ad essere single. E apparentemente i tempi non sono cambiati più di tanto. Perché, anche se la Mussolini continua imperterrita a parlare di emancipazione femminile, sembrerebbe che l’uomo, durante la serata, deve ancora afferrare con violenza quel momento galeotto per chiedere il numero di telefono. Roba da non crederci. Tutto ad un tratto mi trovo catapultato nel 1989, quando, come McFly stavo chiuso nel cesso di una discoteca, asciugando il sudore dalla mia fronte e ripetendo a me stesso con svariati timbri di voce: “ti posso chiamare qualche volta…?” Questo è un girone dell’inferno che non pensavo si riproponesse a quest’età. Ma me lo sono voluto…dirà qualcuno. Vaf£ancu£o! risponderò io.
E se già erano squilibrate da adolescenti….figuratevi ora, con trenta anni di "solitudine" alle spalle. Forse sarebbe meglio diventare monaco buddista obliando così i piaceri della carne, o in alternativa, preservare il proprio corpo sotto sale per generazioni future…ma con questo passo di mazurca che stiamo conducendo…le speranze in un futuro migliore, sono magre per tutti.
Io...il numero lo ricevo. Certo, i riti sono cambiati; non c’è più il pezzo di carta che sistematicamente ti perdevi, adesso c’è il “fammi uno squillo così lo memorizzo”.
…E il numero, apparentemente, venne memorizzato fin troppo bene, perché il mio cellulare suonò molto più di quanto avessi previsto. Il che non è MAI un buon segno. In fin dei conti, l’uomo vuole essere sempre il cacciatore...e l'abboccare un pesce già morto non rallegra nessuno…anche se dentro di noi sappiamo benissimo che non è proprio questo, e che la realtà dei fatti si nasconde in sfumature molto meno profonde, e cioè ...se la Sampdoria sta giocando e sta perdendo…l’uomo non vuole rotti i çog£ion!
Già dal terzo giorno mi rendo conto di aver fatto un errore che mi costerà caro. Non rispondo alle prime cinque chiamate. Alla sesta cedo con un'originalissimo: ”scusa avevo dimenticato il cellulare a casa”
“Ma dove sei stato?”
“In giro….”
“In giro, dove?”
“In giro….con…la macchina???” (sembra più una domanda che una risposta)
“E perché non mi hai chiamata? Lo sai che il venerdì mattina sono a casa”
Per farla breve, in cinque giorni sono uscito con questa ragazza…che chiameremo Marianna…cinque sere…il resto dei cinque giorni fu passato al telefono con la medesima ad ascoltare racconti su le sue amiche invidiose, il boss, il cane e quant’altro…io non ho studiato Psichiatria, ma ho la forte impressione che fra le mani ho un vero caso patologico! Il mio istinto mi dice…di correre in cerca di terre lontane e deserte.
In qualche modo si riesce ad arrivare a Domenica sera. Io penso…stasera non chiamerà…sicuramente è una che si guarda la sfida di Amici. Ma come al solito mi sbagliavo. Accetto così di uscire…con la convinzione che sarà per l’ultima volta.
Sta per arrivare a casa mia. In un momento di panico invoco pure l’aiuto della fedele amica Rachele. La cui, in modo spietato mi dice:”io tifo per lei…per solidarietà femminile” Rachele…non è una partita di calcio, questa! Qui abbiamo a che fare con una folle che ci asporterà il cuoio capelluto, operando con una semplice limetta per unghie, se non si riuscirà a sposare entro la fine dell'anno. Fortunatamente, abbiamo ancora 11 mesi per riuscire a pianificare una fuga.
Arrivo a pensare le cose più assurde…come… provare a dirle esattamente quello che penso, usando però la mia voce da ventriloquo. Potrei poi fare finta di non aver sentito niente, guardandola con lo stesso sguardo di disdegno che si ha verso i barboni quando ti urlano frasi insensate nella metropolitana.
Poi ci rifletto e mi dico…bèh posso farmi odiare…non dovrebbe essere così difficile…milioni di persone già lo fanno, senza che io nemmeno ci provi…figuriamoci se mi mettessi d’impegno.
Adesso sono un uomo con una missione… non mi spazzolo i denti…non mi faccio nemmeno i capelli…e salgo in macchina munito di …cd.
“Cosa hai lì?”
“E’ il mio cd preferito…volevo assolutamente che tu lo ascoltassi…è una giornata che canto questa canzone…”
“Ma di chi è?”
“di Cristian”
“hmm…non penso di conoscerlo”
“ohhhhh…io INVECE penso di si…è impossibile non conoscerlo”
Marianna strabuzzò alle prime note di “Cara”, cercò di abbassare il volume e di parlarci sopra, ma ogni volta che si azzardava a toccare lo stereo, io rigiravo quel pomellino come se la mia vita dipendesse da esso. Poi la interrompevo con un “Aspetta…aspetta…questa parte mi fa letteralmente IMPAZZIRE” e giù… a cantare il ritornello
CARA IL TEMPO VOLA…MA TU DA ORA…CON ME NON SEI PIU’ SOLA
Adesso a squarciagola vicino al suo orecchio.
PER UN AMORE CHE VA UN ALTRO STA NASCENDO DENTRO ME
E DOLCEMENTE TU…SARAI PER SEMPRE…CARA!

Mentre il suo piede schiacciava l'accelleratore a tavoletta, io la rassicuravo dicendole:"questa sarà la nostra canzone!"

Oggi, fui contento quando il telefono non squillò…certo, mi sentivo un po’ bastardo…ma un bastardo libero…fin quando ricevetti un sms che tristemente leggeva: “ho passato una bellissima serata ieri…oggi sono stanca…ci sentiamo buonanotte”

Rachele gentilmente mi ha consigliato una novena infallibile, per l’intercessione di Santa Rita, da fare nei casi di richieste impossibili…

mercoledì 17 gennaio 2007

CONCORSO: GLI AMICI DEI BASTARDI

qui, Maria de Filippi c'entra poco o niente....

Comincerò quest’infelice rassegna di amici bastardi con “l’amico bastardo adolescenziale” quello con cui condivisi, fra le tante cose…le prime sbronze di Grand Marnier, rubato dall’armadietto del padre, un paio di scazzottate, un incidente con la moto…ed anche il nome! Si avete capito bene…io fui uno dei pochi ad avere la fortuna di trovare un migliore amico con il mio stesso nome…solo che lui lo scriveva con la “ph”. Stephan era, per motivi ancora oscuri al mio intelletto, fanaticamente venerato dall’esecrabile corpo studentesco della nostra scuola superiore. Tanto per farvi capire il tipo…Stephan fu quello che dopo essere andato al cinema a vedere “S.O.S. Fantasmi-Scrooged” con Bill Murray, tornò indignato accusando il regista di aver plagiato la storia di Micky Mouse, di cui lui aveva il fumetto conservato a casa. Ovviamente da buon amico, dopo aver notato l’intenso livello di collera che questa scopiazzatura aveva suscitato in lui, non riuscii mai a rivelargli che anche un certo Charles Dickens aveva plagiato il povero Topolino. Un giorno, a causa di un mio momento di debolezza con una sua ex, Stephan decise di troncare la nostra amicizia per sempre. Io personalmente non riuscii ad oppormi più di tanto, anche perché considerando i fatti non mi sentivo assolutamente in torto. Sfortunatamente però, alla frase “per sempre” non tutti danno lo stesso significato di eternità; Stephan, infatti, mi chiamò poco prima del suo compleanno cercando di impiantare una riappacificazione. Poi mi spiegò esattamente il tipo di regalo che avrei dovuto comprare per il suo diciottesimo compleanno…c’è bisogno di andare avanti? Va da se, che dopo il compleanno non lo sentii mai più. L’avessi saputo prima che bastava solo un orologio per levarmelo d’attorno…glielo avrei regalato molto prima!

In seconda posizione troviamo Alessandro, alias l’amico bastardo estivo. Alessandro era il tipico amico che quando capiva che qualcosa, fra me e una ragazza, stava cominciando a prendere forma tangibile, cominciava a rompere i cogl!0ni denigrando la ragazza in qualsiasi modo possibile. Apparentemente, però, subito dopo subentrava un cambiamento repentino d’opinione e cominciava disperatamente a provarci anche lui. Un giorno Alessandro molto gentilmente si offrì di accompagnarmi all’aeroporto. Mentre ero in fila a fare il check-in, vista la disponibilità mostratami, gli chiesi se poteva andare a prendermi un quotidiano qualsiasi. Alessandro arrivò di corsa, mentre mi trovavo già in fila per i gates, e mi consegnò una copia del Corriere della Sera con tanto di allegato in mezzo. Arrivato d’avanti al mio posto, feci cadere il quotidiano sul sedile, liberandomi le mani, così da poter mettere il trolley nell’apposito contenitore. L”allegato” scivolò fuori, scoprendo la sua turpe identità. Io e praticamente tutto l’aereo scoprimmo allora che non si trattava affatto di una pubblicazione del gruppo editoriale Rcs, ma bensì di un giornale di nicchia dedicato ai piaceri sad0mà$0 per gli over40s. Essendo forse una rivista che si rivolgeva ad una fascia di mercato un po’ troppo ristretta, la vista di tale giornaletto non venne apprezzata da molti, tanto che la signora, che si trovava già comodamente seduta accanto al finestrino decise di scomodarsi e di chiamare l’intero staff per farsi cambiare di posto, spiegando con veemenza la contrarietà che provava per quel tipo di letteratura. Le hostess a loro volta fecero intervenire il capitano, che lasciò la cabina per venirmi a trovare di persona per spiegarmi che non avrei potuto indugiare in tali letture sul quell’aereo. Invani furono i miei tentativi di spiegare il crudele scherzo. Dopo un inintelligibile strizzata d’occhio il capitano mi disse che non avrebbe sequestrato il giornale se non l’avessi uscito in pubblico permettendomi così di visionarlo comodamente una volta arrivato a casa. Io lo ringraziai per essersi scomodato e per non aver usato il microfono di bordo.

La ormai famosa Flavia fa un cameo in posizione numero tre, come l’amica bastarda femmina. Tempo fa, Flavia disse ad uno splendido pezzo di gnocca che si era informata sul mio conto … che io ero totalmente esaurito e… di lasciare perdere. Poi ebbe pure il coraggio di raccontarmi tutto e … di dichiarare il suo interesse per me! Follia pura! (non nego di essere totalmente esaurito…però nutro risentimenti per chi lo sottolinea gratuitamente)

In quarta posizione non poteva mancare l’amico bastardo universitario, in questo caso Kasey. Una mattina dopo essere arrivato in ritardo al corso di Developmental Psychology, notai che gli altri colleghi erano intenti a scrivere qualcosa su dei foglietti di carta. Domandai a Kasey di che cosa si trattasse, il quale mi spiegò sottovoce che dovevamo compilare una lista dei “cambiamenti nelle condizioni fisiche che avvengono agli individui del nostro stesso sesso col sopraggiungere dell’adolescenza.” L’assistente del Prof. Testa di Ca%%o passò a ritirare i foglietti, ed il Prof. Testa di Ca%%o cominciò a formulare una classifica alla lavagna, specificando nomi e cognomi degli scrivani. Al momento non capii il perché tutti avessero scelto cose come: il sorriso, gli occhi, le mani. Poi il professore disse:”dai primi risultati possiamo già vedere che le cose che ci colpiscono a prima vista degli sconosciuti sono sempre le stesse e cioè…gli occhi, quindi il sorriso e la reattività dell’interlocutore, le mani quindi la gesticolazione….” Ovviamente la lezione subì una pausa traumatizzante quando il Prof. lesse la mia lista, che conteneva fra le tante cose, genitali sviluppati, presenza di peluria nel petto e abbassamento della voce. Volevo sprofondare…giuro che ancora ho l’impressione di sentire la gente mormorare alle mie spalle “lo vedi quello, quello per prima cosa guarda i peli del petto…”

E per finire … l’amico bastardo d’ufficio. Roger, che dopo aver passato un fine settimana sul campo da golf “perché ormai aveva pagato l’iscrizione al torneo…e pareva male” mentre io facevo le nottate in ufficio a ricercare una minch!@ di difesa per il caso White vs. Mourney, ebbe il coraggio, la mattina del lunedì di arrivare in ufficio prima di tutti, prendere il fascicolo dalla mia scrivania, e di appropriarsi del sudato lavoro, dicendo al capomastro di non mandarmi in tribunale perché da quel che aveva potuto vedere io avevo contribuito poco e niente e sembravo molto confuso riguardo agli elementi del caso. Quando vinse il viaggio premio alle Hawaii… pregai che venisse inghiottito dal magma.

Spero questo possa bastare…volevo inoltre ricordare, a chi fosse interessato, che si sono aperte le iscrizioni per la nuova posizione di amico bastardo blogger…chiunque fosse interessato può partecipare all’estrazione che si terrà a breve sul mio blog.

martedì 16 gennaio 2007

A quell’appuntamento in Piazza Duomo, io mi presentai da solo, mentre tu, vigliacca, ti facesti accompagnare dai ricordi

SECONDA ED ULTIMA PARTE

Dal tavolino del bar dove ero seduto, vidi la sua figura, longilinea ed imperturbabile, avulsa dall’eccessivo sentimentalismo architettonico di quella piazza. Decisi che non avrei attirato la sua attenzione, almeno per un po’. Rimasi, così, seduto e aspettai che fosse lei a scorgermi. Empiamente, indugiai nel guardarla di nascosto, mentre con aria smarrita si voltava di qua e di là, intenta a trovarmi in mezzo a quella folla. Un evento, a cui lei doveva essere ormai abituata. Ero sicuro che, sotterrato negli abissi di quella borsetta, si nascondesse un cellulare; ma anche se così fosse stato, Edith non avrebbe mai avuto il buon giudizio di usarlo. Ad un tratto il suo sguardo si fermò nella mia direzione. Strinse un po’ gli occhi e dopo essersi accurata per bene che fossi proprio io, cominciò ad avanzare. Sentii un brivido lungo la schiena; Forse a causa della febbre, o forse a causa di qualcos’altro, non so. Fu lì che mi resi davvero conto che il posto dell’incontro era stato malavvedutamente scelto. Non eravamo fatti per Piazza Duomo, noi. Almeno non più. Quella piazza era per gli innamorati, quelli che camminano mano nella mano, oppure per gli amanti che si incontrano clandestinamente. Noi, a quel punto della storia, ci saremmo potuti incontrare benissimo in Via del Dopolavoro, o al camposanto per quanto mi riguardava.
Si accomodò di fronte a me senza salutarmi. Non la biasimai. Dopo anni di matrimonio, le effusioni diventano così intime che non potresti mai più ritornare ad un formale “Ciao come stai?”; Preferisci il silenzio.
Subito uscì le carte da firmare. Io accennai un sorriso sornione e le chiesi:”Cos’è, hai portato i compiti da fare?”
Mi agghiacciò con lo sguardo.
Sghignazzai, mentre ero preda ad una successione di colpi di tosse espiratoria. “Meno male che mi sono messo la sciarpa oggi, perché il tuo sguardo sta raffreddando l’aria.”
Si voltò verso di me, con uno sguardo scrutatore. “Che hai?...stai male?”
Senza che io me ne rendessi nemmeno conto, la sua mano era sulla mia. Poi appoggiò il dorso della stessa sulla mia fronte, e subito dopo la immise fra la sciarpa e il mio collo. Mi scostai violentemente.
“Ma sei caldissimo ... hai la febbre! Non dovevi venire se stavi male…avrei trovato il modo. Mi dispiace, ti ho detto che ripartivo…ma…” Sembrava genuinamente preoccupata.
“Che fai adesso, ti preoccupi per la mia salute? Sono sicuro ci sono stati momenti in cui avresti preferito vedermi morto…”
“Bèh, sono sicura che quegli stessi sentimenti li hai provati pure tu!”
“No! Io no! La tua morte non mi avrebbe procurato alcun tipo di consolazione…la cellulite si!”
“Scusa?”
“Si, ci sono stati momenti in cui ho desiderato che un giorno ti fossi ritrovata imbottita da un’enorme quantità di cellulite…così da prendere la stessa forma che molte delle tue concittadine sfoggiano già…pregai che tu diventassi ripugnantemente cellulitica…ma sana e longeva, così da convivere una lunga vita con quell’ingombro.”
Mi guardò scioccata.
“A dirtela tutta, lo spero ancora….qui fanno una buonissima crem de mascarpun…se vuoi la ordino”
Aprì la borsa e cominciò a rovistare, come se non avesse dato alcun peso a quello che avevo appena detto: “Forse ho ancora del Benadryl…quello che non ti fa allergia…no, mi sa che era scaduto…lo devo aver buttato via, ho delle Cloralit ma sono quelle al gusto di mirtillo”
“Hmm…buone, quelle mi piacciono!”
“No Stefan, quelle al mirtillo sono quelle che ti fanno schifo, quelle che ti piacciono sono quelle all’amarena”
Come al solito aveva ragione. Edith ricordava sempre quello che mi piaceva e quello che non mi piaceva, molto meglio di me. Di solito al ristorante, soprattutto se esotico, era lei quella che sceglieva per me, certe volte mi impuntavo pateticamente che la “tempura” o qualcos’altro mi piaceva da impazzire, mentre lei mi continuava a dire di non prenderlo “perché ti sa di fritto e ti fa venire da vomitare” e…matematicamente, mi veniva da vomitare.
“Ti ricordi quando ti ostinasti con la signora del Hong Kong Garden, dicendole che avresti preso il pollo solo se ci avesse messo la salsa quella col panda, che poi generalmente si chiama salsa di soia perché quella col panda era solo la marca che compravo io, mentre in realtà volevi la salsa agro-dolce…ohh quanto risi quella volta”
Poi, cominciò a farmi il verso:”Signora giapponese…la salsa, a me piace quella col panda…
Cominciai a ridere, e fui catapultato in profluvio di ricordi, la cui maggior parte, non era nemmeno spiacevole da ricordare. La odiai.
“Dammi queste carte da firmare….sei un’accattona!”
Edith sapeva che non mi stavo riferendo alle carte. Rimase lì a guardarmi, quasi con un sorriso sulle labbra, perchè finalmente aveva avuto la certezza…lei mi mancava.
E’ una cosa un po’ bizzarra, ma anche quando una storia è finita, anche quando dentro non è rimasto nessun tipo di sentimento, anche quando il risentimento è svanito, due ex cercheranno sempre qualche tipo di segno sibillino che li farà illudere che loro mancano all’altro. Capii che era proprio per questo che avevo scelto il cappotto, per riuscire, forse, a suscitare uno sguardo che mi avrebbe dato quell’illusione. Di conseguenza pensai che fosse proprio per questo il motivo per cui anche Edith si era sistemata per bene, truccandosi e scegliendo con cura abiti che la perfezionavano.
“Sai benissimo che non avrei mai rivendicato i miei diritti su queste cose…ti avevo già promesso che tutto sarebbe rimasto tuo…e tu sai che quando io prometto…”
“Si, lo so….ma….”
Quel “ma” procurò in me uno stato di panico, cosa sarebbe successo se mi avesse detto che l’aveva fatto per rivedermi, per farmi riconsiderare, per riappacificarci. Forse era per questo che aveva tirato in ballo i ricordi. Cosa sarebbe successo se quel “ma” aveva ragione di esistere. Firmai con la mano tremante, mentre speravo che non ci fosse un seguito a quel “ma”. Mentre cercavo di convincermi che quel “ma” voleva sicuramente precedere un “non ci credo”…o un “voglio la certezza che queste cose saranno per sempre mie.” Ma perché ero nervoso? E perché la odiavo così tanto per avermi fatto ricordare qualcosa che, dopotutto, non mi era nemmeno dispiaciuto ricordare.
Dopo aver firmato le carte e le feci scivolare sul tavolino. Poi la guardai e le dissi:”Qui c’è tutto quello che volevi…attendo le fotocopie al più presto e per favore fammi contattare dal tuo avvocato.”
Così mi alzai, lasciai i soldi per le consumazioni sul tavolo e me ne andai. Ma prima di andarmene, la ringraziai…perché mi resi conto che…in questa vita apatica, è un privilegio soffrire per amore.

giovedì 11 gennaio 2007

A quell’appuntamento in Piazza Duomo, io mi presentai da solo, mentre tu, vigliacca, ti facesti accompagnare dai ricordi

Un ring sarebbe stato il posto più giusto. Invece, vittime di un’ottenebrante indecisione, optammo per Piazza Duomo. Prevedevo, comunque, che prima o poi, nel corso dell’incontro, ci saremmo incamminati verso la Galleria. Ma anche se si fosse deciso di non spostarci, non avrebbe fatto differenza alcuna.
“Ci sono da firmare quelle carte…lo sai” disse lei.
“Allora … lo posso considerare… un appuntamento?” risposi io con una voce artificialmente sensuale.
“Chiamalo come vuoi!”
Per colpa di una peculiare timidezza mai avvertita prima d’allora, la telefonata si concluse così, e alcune rappresentazioni mentali, di conseguenza, non vennero mai trasmesse; pezzi di informazione molto importanti. Si, perché di regola, a quel punto, io avrei dovuto gridare:”Testa di mink!@ ho la febbre a 40 … ‘sto ca%%o che mi vedrai spuntare in Piazza Duomo!!!.” Ma non lo feci. Qualche insensibile potrebbe pensare ad un’irrefrenabile desiderio inconscio di non prolungare questa miserevole storia inutilmente. Ma forse no; Sforziamoci di non essere cinici, almeno per oggi. Cerchiamo di convincerci, invece, che non lo feci, solo perché in qualche modo, mi andava di vederla. Ecco! In effetti, devo ammettere, che in quel momento mi andava di soffrire. Soffrire interiormente; Perché certe volte la sofferenza fisica non è proprio abbastanza.
Paradossalmente, c’è sempre uno strano romanticismo che pervade l’aria quando un amore finisce. Sennò non si spiegherebbe il successo che hanno le canzoni di Raf. Col tempo ho imparato a valorizzare gli effetti collaterali che si manifestano quando un amore si esaurisce. Manifestazioni che sono forse ancora più importanti dell’amore stesso. Ma questa esperienza arriva con delle responsabilità. Quindi sappi, che quando si presenta ti dovrai comportare da adulto.
Con questa premessa in mente, aprii l’armadio e decisi di indossare il cappotto; anche perché ero consapevole che il ricordo di questo incontro sarebbe rimasto a lungo nella memoria di entrambi. Inoltre, scelsi il cappotto perché avevo la certezza che un evento di questo tipo non si sarebbe mai più ripresentato, almeno non con Edith. Rimango, comunque, speranzoso riguardo la possibilità di rivivere qualcosa di simile con qualche altra malcapitata.

Da piccolo, forse, visionai troppi film di Gianni Morandi. La trama, era sempre la stessa; ma stranamente nessuno se ne accorse mai. Il soldato Gianni Raimondi (ma c’era proprio bisogno di un’anagramma?) si innamorava di Laura Efrikian, poi la tradiva, lei lo scopriva e lo lasciava. Lui, comunque, ingegnosamente trovava sempre il modo di cantarle una canzone, che aveva convenientemente scritto per l’occasione, e inevitabilmente lei finiva per perdonarlo. Io disgraziatamente non ho mai scritto canzoni; forse, era proprio quello il mio problema. Improvvisai un motivetto a mezza voce ma rapidamente mi convinsi che cominciare adesso sarebbe stato inutile, quindi alzai il colletto del cappotto, perché faceva più figura e anche perché c’era vento e io avevo la febbre.

(***)

venerdì 5 gennaio 2007

Forse non tutti sanno che...

(AKA Il quesito con la Barbi)

La carissima Barbi, mi ha "gentilmente" listato per una triste catena di S. Antonio...ebbene sì sono arrivate fin qui...ringrazio Barbi per essersi ricordata il mio nome

Ci ho pensato e ripensato…vi ammetto che moltissime volte ero sul punto di lasciar perdere…ma poi mi sono detto: “Sputtanato per sputtanato…almeno rimango fedele alle ideologie del neoscapigliato”
Ecco, dunque, le cinque cose che nessuno sa di me…

1) Al college, istigai alcune persone a mandare emails anonime ad una povera recluta solo perchè non mi faceva simpatia, fino a quando questo povero disgraziato non cambiò college. (Il che, apparentemente funzionò a meraviglia per lui dato che adesso è Vice Presidente di una multinazionale … e io sono disoccupato)

2) Una volta, andai da una medium a farmi dire il futuro, la quale mi disse fra le tante cose che io e il Principe Harry saremmo diventati buonissimi amici “dato che fondamentalmente siamo gli stessi”

3) Compro di nascosto i DVD di Pippi Calzelunghe e dico al giornalaio che sono per la bambina (cosa ancor più tragica: penso che lui sappia che non ho prole …chissà cosa penserà).

4) Quella sera dopo aver detto a Lilian di tornare da suo marito (vedi Preso orribilmente a sganascioni..., infra) , io, andai a passare la notte da Flavia. (Non ne vado assolutamente fiero)

5) Una volta, Edith mi costrinse a guardare il film “Voglia di Tenerezza”. Durante la visione corsi più volte in bagno, a piangere disperatamente, ma al ritorno, ogni volta continuai ad affermare stoicamente: “Questo film è una cagata”!

P.S. Non mi va, assolutamente di tirare in ballo altri sventurati in questa balorda catena di S. Antonio. E’ già abbastanza che mi sono sottomesso io, volontariamente, a questa imbarazzante tortura.

P.S.1 Penso che tutte le ragazze di Comunione Liberazione siano ninf@mani ;)

martedì 2 gennaio 2007

01.01.07

L’idea sembrava alquanto semplice. A pensarci adesso, troppo semplice. Il concetto ispiratore era uno, e cioè, se non riesci a stare bene da solo non riuscirai mai a stare bene con gli altri. Anche se non l’ho formulato io, sembra esserci una logicità in questo pensiero, non so bene quale sia, ma mi fido. Ho deciso. Quest’anno mi metterò alla prova. Porterò solo Medwin, il violoncello.
Ma con me c’è anche una cosa chiamata cellulare. Che non è mai spento. Perché?
Perché, ammettiamolo, ci piace sentire la suoneria che abbiamo scelto con tanto zelo.
Così aspetto che la canzone finisca tutta. Poi rispondo. Anche se so già chi è. Anche se so già che non dovrei. Anche se so già che accetterò la proposta che mi verrà fatta.
L’incoerenza è una virtù, se viene ostentata con consapevolezza e con un sorriso sulle labbra.
“Non mi vorrai dire che passerai il Capodanno, da solo, in quel posto dimenticato da Dio?”
“Beh, Si, questo era il proposito iniziale…un Capodanno alternativo…caffè e latte, Lexotan e tutti a nanna!”
“Prendi un aereo e sali subito, non voglio sentire scuse!....click!”
Urbano sapeva benissimo che non sono tipo da scuse, io. E’ per questo che aveva chiuso precipitosamente. Per questo, e per il fatto che, in un secondo, ineluttabilmente, gli avrei chiesto se fra gli invitati ci sarebbero stati pure alcuni elementi della Famiglia Albrighten.
Ironicamente, quel click prematuro, fu un segno perspicuo.
Improvvisamente, il concetto ispiratore cambiò direzione, cioè, se il tuo umore è di merda, perché non trasfonderlo agli altri, soprattutto, quando puoi farlo durante la solenne celebrazione di ‘sto ca%z@ di Capodanno? Questo pensiero l’ho formulato io, ma ammettetelo, c’è una logicità!
La viltà è una cosa brutta da accettare, ma se ti rendi conto che fa parte di te, non rinnegarla.. ti conviene solo riderci sopra.
Decisi così di partire prima del previsto, perché adesso mi ritrovavo con una missione da compiere: comprare uno smoking in meno di 14 ore. Una sfida che mi allettava. Anche perché non potevo andare con qualsiasi smoking, non sia mai. Dovevo trovare un Duca di Windsor che mi stesse a pennello. Perché se devi rovinare la festa…almeno fallo con stile, no?

Musica classica di sottofondo.
“Ce l’abbiamo nero”
“No. Perché poi sotto le luci, uscirebbe quel colorito verdastro…fare brutta figura…proprio stasera? Neanche Dio lo vuole…Che dice? Blue notte o niente!”
“Vedrò che posso fare!”
Dopo un paio di ore, il Duca di Windsor apparve in tutto il suo splendore. Blue notte…giacca corta…revers a lancia…un’alterazione qua e là, fatta da qualche povera povera sartina Cingalese, chiusa per l’occasione nel retro…e sarei stato pronto.
Fu così che mi avviai verso quella buia e fredda notte…con la certezza che almeno sarebbe stata l’ultima.

E’ strano, ma quando fuori i rumori sono assordanti, dentro riesci ad avvertire una strana pace. Come un silenzio facondo. Specialmente quando, dopo aver sopportato, quella che sembra essere un’inesauribile versione di “Sorry” di Madonna, cominci a sperare che qualche fulminate malattia alla coclea ti doni una sordità totale ed eterna, così da non dover percepire neanche per un altro secondo quell’increscioso e interminabile mix.

C’era gente che mangiava, gente che ballava, gente che beveva…io, fui per tutta la notte confinato fra questi ultimi. Poi, inevitabilmente, mi fu presentata lei. "Fa la ballerina … blah, blah, blah…conosce [inserisci nome di personaggio famoso a tua scelta…tanto di solito non è mai vero] …blah, blah, blah, … ha fatto il provino con [inserisci nome di produttore maiale di tua scelta…non dovrebbe essere difficile] … blah, blah, blah". Così ti ritrovi d’avanti all’ennesima ragazza di provincia, la cui massima aspirazione è di diventare una “velina.” YIPPY!!!!! La guardi e ti fa un po’ pena, quando sguaiatamente, si gira a salutare tutti quelli che riconosce. Insegue disperatamente quella collocazione elusiva nello stardom. Come se esistesse davvero. Come se il risultato fosse veramente meritevole di quell’umiliante immolazione di se stessa. Un luogo comune, succede da sempre. Ma i tempi cambiano, e i luoghi comuni certe volte non li riconosci più. Così si avvicinò, con il suo modo di fare smodatamente festante e lasciò cadere qualcosa nel mio drink. Poi con il suo finto accento milanese, mi disse: “Uèè bevi dai…che comincia la festa!”
“O.K. Jovannotti!” risposi io.

Ora non so più dove sono, forse mi sono addormentato, non lo so. Avverto un mal di testa ed un sapore strano in bocca. Guardandomi attorno riconosco a stento la stanza, era quella adibita a guardaroba. Una gamba mi fa male, ma forse è perchè mi ritrovo giacente in modo scomposto su un piccolo divano, proprio accanto un piccolo ammasso di cappotti e pelliccie. Non so come dovrei giudicare il fatto che sono da solo e abbastanza vestito. La porta è aperta. La musica adesso è diversa però, molto più soft. Sento gente arrivare. Un rumore di tacchi. Ma prima ancora di riconoscere quella cadenza che non sentivo da tempo, mi ritrovo sottoposto ad un’analisi minuziosa da occhi che mi avevano già condannato da tempo con una sentenza apparentemente contumaciale. Che fare? Non che le dovessi alcuna scusa. Né per la rosa eccentricamente installata nella cerniera dei miei pantaloni, né per il numero di telefono scritto con la matita per occhi sulla guancia destra, di cui, disgraziatamente, non riuscìì mai a decifrare l’ultimo numero.

Così, ostentando orgogliosamente la mia faccia di cul@, sorrisi e dissi: “Surprise!!! Happy 2007”
Edith fece una pausa e poi si diresse verso la montagna di cappotti. Evitava di guardarmi, ma in viso le si poteva leggere un misto di rabbia e pena. Prese un soprabito con la martingala e si diresse verso la porta. Urbano, che prima aveva “troppo palesemente” cercato di fermarla, ora stava lì fingendo uno stato d’imbarazzo. E come per rendere il tutto un po’ più spiacevole, il dj aveva riesumato la salma degli ABBA con la loro demoralizzante “The winner takes it all.”
Sapevo che non l’avrei fatta uscire da quella stanza con quello sguardo. Lo sapeva anche lei.
“So…I take it … it’s over between us?” dissi.
Fulminandomi con lo sguardo, rispose: “You would have known it…had you bothered to come to the court…The judge finalized the divorce…didn’t Clark tell you?”
“Yeah, I received some papers in the mail…”
“Did you even bother to read them?”
“no…I figured…what’s the use?”
“Oh yeah I forgot…what’s the use in anything…really?”
Sorrisi maliziosamente e poi le domandai: “Well…let me guess…how exactly are you paying for this nice Italian visit?”
A quel punto Edith si girò e se ne andò.

Riassettai il Duca di Windsor, e strizzando gli occhi ai primi raggi di luce del nuovo anno, mi diressi alla ricerca di un bar aperto. Fu lì, che mi resi conto che anch'io inseguo disperatamente qualche collocazione elusiva. Ironicamente, ancora più elusiva di quella della ragazza provinciale. Perchè almeno, lei alla sua può dare un nome.
Il silenzio interiore era cessato…ora, con tono accusatorio, dentro di me, sentivo la musica tratta dai Vitelloni.