martedì 2 gennaio 2007

01.01.07

L’idea sembrava alquanto semplice. A pensarci adesso, troppo semplice. Il concetto ispiratore era uno, e cioè, se non riesci a stare bene da solo non riuscirai mai a stare bene con gli altri. Anche se non l’ho formulato io, sembra esserci una logicità in questo pensiero, non so bene quale sia, ma mi fido. Ho deciso. Quest’anno mi metterò alla prova. Porterò solo Medwin, il violoncello.
Ma con me c’è anche una cosa chiamata cellulare. Che non è mai spento. Perché?
Perché, ammettiamolo, ci piace sentire la suoneria che abbiamo scelto con tanto zelo.
Così aspetto che la canzone finisca tutta. Poi rispondo. Anche se so già chi è. Anche se so già che non dovrei. Anche se so già che accetterò la proposta che mi verrà fatta.
L’incoerenza è una virtù, se viene ostentata con consapevolezza e con un sorriso sulle labbra.
“Non mi vorrai dire che passerai il Capodanno, da solo, in quel posto dimenticato da Dio?”
“Beh, Si, questo era il proposito iniziale…un Capodanno alternativo…caffè e latte, Lexotan e tutti a nanna!”
“Prendi un aereo e sali subito, non voglio sentire scuse!....click!”
Urbano sapeva benissimo che non sono tipo da scuse, io. E’ per questo che aveva chiuso precipitosamente. Per questo, e per il fatto che, in un secondo, ineluttabilmente, gli avrei chiesto se fra gli invitati ci sarebbero stati pure alcuni elementi della Famiglia Albrighten.
Ironicamente, quel click prematuro, fu un segno perspicuo.
Improvvisamente, il concetto ispiratore cambiò direzione, cioè, se il tuo umore è di merda, perché non trasfonderlo agli altri, soprattutto, quando puoi farlo durante la solenne celebrazione di ‘sto ca%z@ di Capodanno? Questo pensiero l’ho formulato io, ma ammettetelo, c’è una logicità!
La viltà è una cosa brutta da accettare, ma se ti rendi conto che fa parte di te, non rinnegarla.. ti conviene solo riderci sopra.
Decisi così di partire prima del previsto, perché adesso mi ritrovavo con una missione da compiere: comprare uno smoking in meno di 14 ore. Una sfida che mi allettava. Anche perché non potevo andare con qualsiasi smoking, non sia mai. Dovevo trovare un Duca di Windsor che mi stesse a pennello. Perché se devi rovinare la festa…almeno fallo con stile, no?

Musica classica di sottofondo.
“Ce l’abbiamo nero”
“No. Perché poi sotto le luci, uscirebbe quel colorito verdastro…fare brutta figura…proprio stasera? Neanche Dio lo vuole…Che dice? Blue notte o niente!”
“Vedrò che posso fare!”
Dopo un paio di ore, il Duca di Windsor apparve in tutto il suo splendore. Blue notte…giacca corta…revers a lancia…un’alterazione qua e là, fatta da qualche povera povera sartina Cingalese, chiusa per l’occasione nel retro…e sarei stato pronto.
Fu così che mi avviai verso quella buia e fredda notte…con la certezza che almeno sarebbe stata l’ultima.

E’ strano, ma quando fuori i rumori sono assordanti, dentro riesci ad avvertire una strana pace. Come un silenzio facondo. Specialmente quando, dopo aver sopportato, quella che sembra essere un’inesauribile versione di “Sorry” di Madonna, cominci a sperare che qualche fulminate malattia alla coclea ti doni una sordità totale ed eterna, così da non dover percepire neanche per un altro secondo quell’increscioso e interminabile mix.

C’era gente che mangiava, gente che ballava, gente che beveva…io, fui per tutta la notte confinato fra questi ultimi. Poi, inevitabilmente, mi fu presentata lei. "Fa la ballerina … blah, blah, blah…conosce [inserisci nome di personaggio famoso a tua scelta…tanto di solito non è mai vero] …blah, blah, blah, … ha fatto il provino con [inserisci nome di produttore maiale di tua scelta…non dovrebbe essere difficile] … blah, blah, blah". Così ti ritrovi d’avanti all’ennesima ragazza di provincia, la cui massima aspirazione è di diventare una “velina.” YIPPY!!!!! La guardi e ti fa un po’ pena, quando sguaiatamente, si gira a salutare tutti quelli che riconosce. Insegue disperatamente quella collocazione elusiva nello stardom. Come se esistesse davvero. Come se il risultato fosse veramente meritevole di quell’umiliante immolazione di se stessa. Un luogo comune, succede da sempre. Ma i tempi cambiano, e i luoghi comuni certe volte non li riconosci più. Così si avvicinò, con il suo modo di fare smodatamente festante e lasciò cadere qualcosa nel mio drink. Poi con il suo finto accento milanese, mi disse: “Uèè bevi dai…che comincia la festa!”
“O.K. Jovannotti!” risposi io.

Ora non so più dove sono, forse mi sono addormentato, non lo so. Avverto un mal di testa ed un sapore strano in bocca. Guardandomi attorno riconosco a stento la stanza, era quella adibita a guardaroba. Una gamba mi fa male, ma forse è perchè mi ritrovo giacente in modo scomposto su un piccolo divano, proprio accanto un piccolo ammasso di cappotti e pelliccie. Non so come dovrei giudicare il fatto che sono da solo e abbastanza vestito. La porta è aperta. La musica adesso è diversa però, molto più soft. Sento gente arrivare. Un rumore di tacchi. Ma prima ancora di riconoscere quella cadenza che non sentivo da tempo, mi ritrovo sottoposto ad un’analisi minuziosa da occhi che mi avevano già condannato da tempo con una sentenza apparentemente contumaciale. Che fare? Non che le dovessi alcuna scusa. Né per la rosa eccentricamente installata nella cerniera dei miei pantaloni, né per il numero di telefono scritto con la matita per occhi sulla guancia destra, di cui, disgraziatamente, non riuscìì mai a decifrare l’ultimo numero.

Così, ostentando orgogliosamente la mia faccia di cul@, sorrisi e dissi: “Surprise!!! Happy 2007”
Edith fece una pausa e poi si diresse verso la montagna di cappotti. Evitava di guardarmi, ma in viso le si poteva leggere un misto di rabbia e pena. Prese un soprabito con la martingala e si diresse verso la porta. Urbano, che prima aveva “troppo palesemente” cercato di fermarla, ora stava lì fingendo uno stato d’imbarazzo. E come per rendere il tutto un po’ più spiacevole, il dj aveva riesumato la salma degli ABBA con la loro demoralizzante “The winner takes it all.”
Sapevo che non l’avrei fatta uscire da quella stanza con quello sguardo. Lo sapeva anche lei.
“So…I take it … it’s over between us?” dissi.
Fulminandomi con lo sguardo, rispose: “You would have known it…had you bothered to come to the court…The judge finalized the divorce…didn’t Clark tell you?”
“Yeah, I received some papers in the mail…”
“Did you even bother to read them?”
“no…I figured…what’s the use?”
“Oh yeah I forgot…what’s the use in anything…really?”
Sorrisi maliziosamente e poi le domandai: “Well…let me guess…how exactly are you paying for this nice Italian visit?”
A quel punto Edith si girò e se ne andò.

Riassettai il Duca di Windsor, e strizzando gli occhi ai primi raggi di luce del nuovo anno, mi diressi alla ricerca di un bar aperto. Fu lì, che mi resi conto che anch'io inseguo disperatamente qualche collocazione elusiva. Ironicamente, ancora più elusiva di quella della ragazza provinciale. Perchè almeno, lei alla sua può dare un nome.
Il silenzio interiore era cessato…ora, con tono accusatorio, dentro di me, sentivo la musica tratta dai Vitelloni.